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Morire per una bomba d’acqua

Questo articolo è stato pubblicato su L’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Bresciaoggi

E’ ancora il momento del dolore, ma già si sente il rumore della polemica. Morire per una bomba d’acqua, e mentre si partecipa a una festa, fa molto male, ovunque succeda e qualunque ne sia la causa. Per accertarla, ora la Procura indaga per disastro ambientale e omicidio colposo plurimo.

Ma in attesa di quanto potrà stabilire l’inchiesta, i quattro morti e cinque feriti nel Trevigiano dopo l’esondazione del torrente Lierza, nella notte di sabato scorso, ripropongono una questione che va al di là dell’aspetto giudiziario. Una questione più complessa persino della solita discussione sulla mancanza di prevenzione all’origine di tanti, troppi disastri sul nostro territorio. Dal Vajont in poi l’opinione pubblica è vaccinata. Più di quanto le stesse e molto attente, da allora, amministrazioni possano immaginare.

La cura non superficiale che tanti nutrono, oggi, per l’ambiente e un interesse generale e quasi quotidiano, da telefonino consultato in permanenza, per il “tempo che farà” nel posto in cui viviamo o andremo in vacanza testimoniano, nel loro piccolo, il grande cambiamento avvenuto. Siamo allo stesso tempo più informati degli eventi, e più consapevoli dei pericoli che discendono quando l’uomo pretende di impadronirsi della natura. Sappiamo che, di tutte le catastrofi, soltanto i terremoti sono imprevedibili, anche se ipotizzabili e non invincibili (basta costruire bene le case). E sappiamo che, salvo casi eccezionali, è difficile che soltanto la pioggia, per quanto abbondante, possa da sola provocare danni e lutti tanto irreparabili.

Gli ambientalisti già accusano gli “assalti ai territori” di questi anni, mentre il presidente della Regione, Luca Zaia, contesta l’eventuale responsabilità di troppi terrazzamenti di vigneti nella zona del disastro. Naturalmente, soltanto le indagini chiariranno. Ma guai se anche la bomba d’acqua diventasse un braccio di ferro ideologico tra persone, istituzioni e associazioni che dovrebbero stare tutti dalla stessa parte di verità e legalità. Niente sarebbe più triste e ingiusto che improvvisare una sorta di guerra del vino per partito preso o leso, con gli ecologisti che protestano per i loro allarmi inascoltati e con le amministrazioni che a loro volta negano eccessi di cementificazione o troppi vitigni nei posti sbagliati.

Qui non le opinioni, ma i fatti dovrebbero contare non solo per il lavoro investigativo in corso, ma soprattutto per la nuova coscienza che tanti italiani hanno acquisito di tempo in tempo, e di temporale in temporale.

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