Riceviamo e volentieri pubblichiamo
L’8 agosto del 1959 moriva Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano. La sua opera rappresentò, in quel tempo, un vera rivoluzione politica. I cattolici si organizzavano e si proiettavano nell’impegno politico dopo il primo conflitto mondiale.
Don Sturzo portava nel circuito della politica una esperienza maturata nelle autonomie locali e il fervore per la giustizia, la democrazia e la difesa dei diritti umani. Si rifaceva ai fermenti maturati nel mondo cattolico che traeva la ragione della sua presenza attiva nel dibattito politico anche dalla “Rerum Novarum” che, di fatto, chiudeva la fase del disimpegno dei cattolici seguito alla presa di Roma nel 1870.
La lotta di Sturzo contro la dittatura fu determinata, portata avanti fra incomprensioni e scarse condivisioni anche all’interno del suo mondo. Al sacerdote di Caltagirone va il merito di aver indicato un percorso, dando senso e significato alla presenza dei cattolici nel divenire della storia dopo tanti “appuntamenti” mancati. La dittatura fascista trionfò e per Sturzo si schiudeva la via dell’esilio.
A De Gasperi, poi, dopo la seconda guerra mondiale il compito di riprendere l’opera sturziana interrotta per le diffuse debolezze e le inspiegabili rese. Senza Sturzo non ci sarebbe stato De Gasperi, né quel mondo dei democratici cristiani che garantirono all’Italia una lunga stagione di progresso nella libertà e nella sicurezza internazionale.
Altre storie quelle di Sturzo e di De Gasperi? No, sono la nostra storia migliore. A quella bisogna riferirsi oggi dove tutto sembra congiurare contro il buon senso. Quella fu una storia di gente che possedeva una grande fede nella democrazia e nei valori popolari che sono perenni. Sono effimeri, invece, la supponenza, il velleitarismo egocentrico, il distacco reale dalla comunità, che va “accontentata” ma non coinvolta! Questa non è intelligenza politica, ma ci troviamo di fronte a una congiura di un gruppo che ha amore per l’avventura e versatilità nella furbizia.