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Il conto di Berlusconi

Renzi ha tentato di strumentalizzare l’ex Cav. ma ha fatto i conti senza l’oste. Ora Forza Italia vuole tornare al governo. Il Paese corre il rischio di pagare caro gli azzardi del “giovin signore” fiorentino.

Incassato il primo voto favorevole alla riforma del Senato, nelle forme e nei modi messi a punto nel Patto del Nazareno, Berlusconi si dice pronto a sottoscrivere con Renzi un nuovo accordo sulle riforme economiche. Non essendo un ingenuo l’ex Cav. mette in conto, come in effetti si è verificato in prima istanza, che la risposta del premier sia negativa. Il Nostro però conta sull’aggravarsi della crisi economica e sulla necessità del governo di avere a disposizione una maggioranza molto più ampia dell’attuale. A quel punto il sostegno di Forza Italia all’Esecutivo potrebbe diventare una necessità. In pratica Berlusconi, ora che si è tolto dallo stomaco il macigno del processo Ruby, vuole tornare al governo dando così nuovamente vita a quella maggioranza di larghe intese che, dopo le elezioni del 2013, aveva portato al governo Letta. Non c’è da meravigliarsi. La coerenza non è certo una dote dell’ex Cav. come del resto e’ una costante l’anteposizione dei suoi interessi personali a quelli generali del Paese. Questa volta però la sua ennesima giravolta potrebbe anche tornare utile al Paese. Solo che ora Renzi difficilmente potrà acconsentire alla manovra. Le ripercussioni sul PD sarebbero devastanti e i sospetti di un gioco di sponda con Berlusconi diventerebbero qualcosa di più di un’ipotesi. Si aprirà così un periodo di forte fibrillazione. E tornerà in alto mare anche quel poco, la riforma del senato, che Renzi e’ riuscito a raggiungere. Perché Berlusconi non fa niente per niente. A questo proposito il premier avrebbe fatto meglio a telefonare a D’Alema e farsi raccontare gli avvenimenti del 1997/98 quando il leader degli allora Democratici di sinistra guidava la Bicamerale. Quella Commissione si insediò a gennaio del ’97 e terminò i suoi lavori a giugno dello stesso anno dopo 185 sedute. Era stato messo a punto un disegno organico di riforma della seconda parte della Costituzione. A quel progetto aveva collaborato attivamente anche Forza Italia sulla base del principio, invocato anche oggi, che le riforme istituzionali devono essere approvate da una maggioranza la più ampia possibile. Solo che Berlusconi, anche giustamente, non vedeva perché la maggioranza che aveva messo a punto le riforme non potesse essere anche quella che governava il Paese. Nelle sue intenzioni la nuova “grande coalizione” avrebbe dovuto mettere in cantiere anche quella riforma della giustizia che a lui premeva molto. Solo che la “grande coalizione” auspicata non decollò per tutta una serie di ragioni che non importa in questa sede stare ad indagare e Berlusconi, mentre il Parlamento esaminava il lavoro della Bicamerale, fece saltare il patto prendendo a pretesto i poteri del Presidente della Repubblica. La stessa cosa succederà anche oggi in uno dei prossimi passaggi parlamentari della riforma se ora Forza Italia non viene associata al governo. Cosa estremamente difficile per le ragioni dette. La vicenda allora dimostra due cose La prima è che il quadro politico non regge due maggioranze diverse, una che governa e una che fa le riforme istituzionali. E’ per questa ragione che le modifiche molto difficilmente possono essere fatte per la normale via parlamentare. La soluzione e’ quella di dividere i due piani. Il governo con la sua maggioranza guida il Paese, mentre le riforme costituzionali vengono messe a punto da un’assemblea costituente eletta per un tempo determinato e su base proporzionale. Seconda questione.  Renzi ha fatto un grosso errore. Ha scelto di iniziare il percorso riformatore dalle Istituzioni perché sapeva benissimo che il suo partito sarebbe entrato in crisi dovendo toccare welfare, lavoro, pubblica amministrazione. Le riforme istituzionali dovevano servire per incassare, dopo quello delle Europee, un bonus d’immagine e di prestigio da spendere poi per convincere, sugli altri fronti, i riottosi del PD. Solo che il Nostro non ha fatto i conti con l’ex Cav. che certo è pronto a dargli una mano ma vuole avere subito dopo il suo tornaconto. La conclusione sarà che Renzi resterà con un pugno di mosche in mano, il Paese avrà perso mesi preziosi e l’Europa metterà ancora di più sotto osservazione l’Italia.



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