“Certo che siamo in guerra e non ci piace” dice il mio vicino di poltrona, durante lo spettacolo che segue il corteo che si è sviluppato lungo la strada principale di Vinnitsa, la città e la regione del Presidente ucraino Poroshenko. Domani è il giorno dell’Indipendenza ma la celebrazione avviene il 22 agosto, ed è un evento popolare. Certo, il corteo mette in fila ragazzi e bambini, ma anche associazioni locali e vari ambiti, gruppi sportivi, scuole di danza e gruppi folkloristici. Lungo la strada la gente è presente, fotografa i figli e nipoti, è ammirata dalla parata di colori e dal senso allegro di identità che la festa promana, come se fosse in Catalogna, o in Bretagna, o in una città toscana.
Ma è anche questione d’indipendenza politica. Maidan è nelle immagini e nelle menti. Nell’esposizione dei prodotti tradizionali di questa regione agricola, un vanto per ogni espositore, si ritrovano le tracce della rivolta che ha cambiato la storia recente di questo Paese di 45 milioni di abitanti. I dolci paesaggi dei quadri naif sono appesi accanto ai ritratti della piazza e dei sanguinosi scontri di Kiev. Sono dipinti niente male, per la forza che esprimono con la sola spontaneità di quei momenti.
Nel centro pedonale c’è un pannello che riporta le foto dei morti di Maidan, ancora con le scritte a mano e i fiori appesi. Le frasi a loro ricordo sono anche scandite dal corteo, dagli adulti e dai bambini, con atmosfera da paese in guerra. E Maidan si mescola con il fronte a est, con Lugansk e con Donetsk. Nell’elenco ci sono i morti di Kiev e i soldati che cadono al fronte. “Non era così l’anno scorso, alla precedente festa dell’Indipendenza c’era soltanto il tema dell’agricoltura e dei prodotti della terra” – mi spiega Alexandro, 42 anni, un esperto di energia che vive a Kiev, ed è di origine slovacca. Fa notare anche l’assenza di retorica, malgrado il linguaggio dei simboli sia quello di sempre, da patriottismo di un Paese in difficoltà. Maidan poi è stato uno fenomeno che ha attraversato l’intero Paese. Si è scatenato a Vinnitsa da un messaggio di un personaggio dello spettacolo, molto popolare, diffuso su facebook, e dalla manifestazione si è passati all’assalto dei rappresentanti governativi che se ne stavano asserragliati nel palazzo del governo regionale.
Si sente anche il clima dell’unità di popolo, della solidarietà durante e dopo la tempesta. Ci sono alcuni mezzi militari sulla piazza, ma con una rosa nella bocca di fuoco, e i bambini che ci giocano sopra, mentre le ragazze si mescolano con i soldati per tenere la grande bandiera azzurra e gialla che si stende enorme dal palazzo regionale fino a terra. La gente passeggia, un po’ in costume tradizionale, un po’ in jeans e maglietta, un po’ in divisa. La regia ci sarà anche stata, ma nulla è artefatto. La festa dell’indipendenza unisce un po’ tutto: il senso di quiete, il lavoro agricolo tradizionale e i temi politici, da Maidan agli scontri di Lugansk e di Donetsk, fino alla ferma volontà di entrare nell’Unione europea. Le bandiere europee sono molte e riempiono la piazza davanti al municipio.
L’indipendenza dell’Ucraina è il tema del giorno. Lo ripete uno scrittore dal palco, Mikola Riabyi, proprio citando Taras Shevechenko, il poeta che affermava il bisogno d’indipendenza ucraino, e poi ricorda la cortina di ferro, il disastro del trovarsi dalla parte sbagliata per decine di anni. Quando il patriarcato ortodosso ucraino aveva deciso di fondare una chiesa di Kiev, proprio su pressione russa era rinato un patriarcato di osservanza moscovita. Così alle celebrazioni dell’indipendenza sono venuti due patriarchi, uno con il copricapo bianco e uno con il copricapo nero. E quando ha preso la parola il patriarca di Vinnitsa della chiesa di osservanza moscovita, è ritornato anche lui con fermezza sul primato dell’indipendenza, anche nella diversità di nazionalità che possono comporre il territorio ucraino a est. Il discorso di frontiera è chiuso veramente per tutti.
A guardarla così, ad ascoltare i giovani che dicono che “i russi hanno nella testa una visione diversa”, si capisce che veramente Putin ha perso l’Ucraina come paese amico. Qui sono determinati, e ritengono determinati tutti gli abitanti del Paese. Visto da Vinnitsa, quello di Putin è stato un disastro politico, che ha innalzato un muro di ostilità, e creato milioni di vicini diffidenti.