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Retorica e leadership, una relazione da ricostruire

Cosa c’entra la retorica con il mondo del business del XXI secolo? C’entra eccome. C’entra perché le aziende sono luoghi nei quali l’arte del ragionare e del dire sono vitali: senza un ragionamento convincente i segnali deboli del mercato non diventano ipotesi di progetto, le ipotesi di un progetto non diventano risorse finanziarie a disposizione per realizzarlo; senza una presentazione come si deve non si convince nessuno, tanto meno gli azionisti; se non si è capaci di rendere seducenti i numeri, le previsioni non sono credibili; se non si riesce a condividere una visione, anche il più accurato business plan è perdente; senza qualche buona argomentazione è impossibile difendere il lavoro e i lavoratori. Ancora: senza una briciola di desiderio di condivisione, lavorare insieme è un percorso a ostacoli.

Il libro “Retorica e business. Intuire, ragionare e sedurre nell’era digitale” – che ho scritto insieme a Flavia Trupia per i tipi di Egea – analizza le diverse forme di comunicazione aziendale, attraverso esempi italiani e internazionali, mettendo in luce le tecniche argomentative. gli stili comunicativi e il sapiente uso del pathos di figure come Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Steve Jobs o Oscar Farinetti. Riprende i saperi antichi della retorica e li adatta e li attualizza per l’agone del business contemporaneo; e mostra per esempio come si illustrano prodotti che non ci sono ancora, come ci si difende quando i risultati sono al di sotto delle attese, come si intuiscono scenari futuri basandosi su pochi indizi, come si risolve un conflitto considerato insanabile.

Ci siamo anche permessi di trarre ispirazione dalla straordinaria abilità (e passione) comunicativa di papa Francesco, dove uno degli elementi critici delle leadership risiede non solo nelle sue grandi capacità comunicative (in particolare la sua capacità di com-movere e la sua abilità metaforica), ma anche nella piena coerenza fra ciò che egli dice e ciò che egli fa o – come dicevano gli antichi Greci – fra logos e bios.

L’obiettivo del libro è dunque convincere manager e imprenditori dell’importanza della retorica per il loro successo professionale – oltre che personale. La retorica non è infatti un semplice “integratore culturale”, ma è l’arte di ragionare, dove la persuasione è un di cui, anche se molto importante. Deve quindi far parte – anzi contribuire a costruire – la (nuova) cassetta degli attrezzi dei manager (sicuramente dei leader). Si tratta infatti della più importante “tecnologia della mente” che abbiamo a disposizione: due sono i suoi filoni principali di applicazione:

  • Ragionare (comprendere, argomentare, intuire)
  • Comunicare (persuadere/sedurre, motivare, negoziare)

La retorica non è dunque uno strumento astratto, un prezioso arcaicismo, un rigurgito culturale. È uno strumento potente – forse LO strumento più potente di cui disponiamo che si applica – con successo – in moltissimi ambiti aziendali.

Gorgia da Lentini – discepolo di Empedocle di Agrigento – ci ricorda infatti nel suo virtuosistico Encomio di Elena che ”la parola è un potente sovrano, poiché con un corpo piccolissimo e del tutto invisibile conduce a compimento opere profondamente divine. Infatti essa ha la virtù di troncare la paura, di rimuovere il dolore, d’infondere gioia, d’intensificare la compassione”.

Si deve però combattere con l’onda di pregiudizi che l’assalgono. Questa battaglia ha origini antiche (già Platone attaccava i professionisti della parola dei suoi tempi – i sofisti – recentemente rivalutati da molti studiosi, uno per tutti la francese Barbara Cassin con il suo L’effetto sofistico. Per un’altra storia della filosofia) e ogni tanto si ravviva, soprattutto quando il sapere scientifico (un tempo metafisico) pensa di poter spiegare il mondo. Essendo uno strumento potente, è evidente che può essere mal impiegato… Ma da questo a considerare la retorica una banale tecnica per infiorettare i discorsi e cercare di convincere con false argomentazioni, ne passa…

Questo processo distruttivo e negazionista della retorica – che per gli antichi era invece il cuore delle arti liberali , la pietra angolare sui cui veniva costruita la competenza di uomini di Chiesa e uomini di Governo – l’ha trasformata da arte del ragionare ad arte del dire e da arte del dire a semplice “saper parlare in pubblico”, una specie di prontuario che unisce coaching per controllare il “micro-panico”, elementi di prossemica per il controllo dei propri movimenti e qualche suggerimento per fare presentazioni efficaci in Power Point e molto buon senso.

Ma la realtà è molto diversa. Il contributo della retorica al successo delle aziende è rilevante e diffuso. I suoi ambiti di applicazione sono infatti numerosissimi e in crescita. Quelli analizzati nel libro sono:

– comunicare con efficacia e abilità, non solo persuadendo ma anche muovendo all’azione

– cogliere gli indizi e “connettere i puntini”, per interpretare l’oggi e avere elementi per pre-figurare il futuro che sta manifestandosi

– utilizzare la retorica del “racconto del futuro”, per presentare i piani di sviluppo, illustrare il business Plan, passando dall’esposizione di un’idea al suo concreto finanziamento

– non perdere credibilità quando, durante le riunioni gestionali periodiche. si è costretti a comunicare di non essere riusciti a raggiungere i risultati attesi

– possedere l’arte della negoziazione e della gestione delle “dispute” per motivare, sciogliere conflitti, creare consenso anche se non si posseggono leve (retributive, di status, …)

– ripotenziare l’arte del “dare il nome” a prodotti, servizi e marchi, arricchendo di valore simbolico la loro componente materica e costruendo “storie” che li mettano al centro e coinvolgano i clienti

– rigenerare (pragmaticamente) – e cioè ri-semantizzare – le parole chiave di una organizzazione (qualità, crescita, innovazione, essere centrati sul cliente, sostenibilità, …) per riallineare e prioritizzare i comportamenti dei suoi membri

– usare con intelligenza il potere delle immagini (sintesi, correlazioni, intuizione e non semplice decorazione) per comprendere e convincere (visual thining & visual communication)

Ma non basta riprendere e riattualizzare i saperi antichi. Viviamo oramai nell’era dell’informazione e della conoscenza. Le tecnologie digitali – che ci abbracciano in ogni aspetto della nostra vita – hanno creato un gigantesco spazio di conversazioni, la semiosfera digitale … Come ha osservato Anna Cicognani, anche “Il ciberspazio è una costruzione linguistica: la sua materia è cioè il linguaggio. E’ scritto con esso ed è navigabile attraverso di esso: gli strumenti di navigazione non sono altro che pezzi di software, quindi: linguaggio”.

Il prossimo passaggio – in parte già in corso – sarà dunque ripensare alla retorica e ai suoi strumenti e canoni usando le lente del digitale. Per altro McLuhan ci ha sempre ricordato che “Il mezzo è il messaggio”: il mezzo (digitale) condiziona fortemente i contenuti che veicola ed esso stesso diviene messaggio. Mandare un SMS, una email, produrre e pubblicare un filmato su YouTube o scrivere “I like” su Facebook, sono atti comunicativi dove già la scelta di un certo ambiente rispetto ad un altro veicola un’informazione; inoltre l’ambiente scelto forza una specifica articolazione del messaggio, determinando regole sintattiche e semantiche e imponendo stili comunicativi e netiquette.

Come si comporterebbero Aristotele e Cicerone, se vivessero ai nostri tempi? Sarebbero web star con migliaia di follower o si scaglierebbero indignati contro la vacuità dei social network? Tutto sommato, credo sarebbero delle web star.

copertina_RetoricaBus

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