Sono passati quasi due anni da quando la task force sulle startup, istituita dall’allora ministro dello sviluppo economico Corrado Passera, licenziava il rapporto Restart Italia. Gran parte dei suggerimenti contenuti nel documento sono stati recepiti dal Decreto Crescita 2.0, che ha introdotto – per la prima volta nel nostro Paese – la definizione di nuova impresa innovativa, la startup. Per questo tipologia di azienda, il legislatore ha previsto una serie di misure che toccano tutte le fasi del ciclo di vita dell’impresa e che garantiscono numerosi vantaggi concreti: dalla semplificazione burocratica, ai benefici fiscali per l’impresa e per chi investe, fino alla modernizzazione delle disciplina del lavoro.
CHE COS’E’ UNA STARTUP COMMUNITY
Il fenomeno delle startup è intimamente legato alle startup community, giacché sono proprio queste ultime che forniscono il terreno di coltura adatto a incubare e accelerare esponenzialmente la crescita di un grande numero di iniziative imprenditoriali. Non si tratta di un aspetto secondario, perché non basta incentivare la nascita di aziende ad alta tecnologia; affinché queste abbiano un impatto sul sistema a livello di occupazione e di generazione di reddito è necessario che si espandano velocemente.
Gli elementi che stanno alla base di una startup community sono cinque: i leader, i feeder, il capitale intellettuale, il capitale relazionale e, da ultimo, il capitale finanziario.
LEADER E FEEDER
Come sostiene Brad Feld, imprenditore, investitore, co-fondatore di TechStars e leader della vibrante comunità di tech startup di Boulder in Colorado, i leader di una startup community devono essere gli imprenditori. Altre soluzioni non sono efficaci e ci sono innumerevoli esempi a dimostrarlo, a partire dai molti programmi pubblici di sostegno all’imprenditoria (innovativa, giovanile, femminile e via di seguito), che hanno sempre prodotto risultati modestissimi se confrontati con le ingenti risorse allocate da enti pubblici di ogni ordine e grado.
Tutti gli altri attori, le università, i mentor, le grandi aziende, gli investitori, i service provider e il governo sono feeder, ossia alimentano l’ecosistema e da esso sono nutriti (la parola feeder, infatti, significa sia “alimentatore” che “chi si alimenta di qualcosa”).
Vediamoli un per uno.
LE UNIVERSITA’
Le università sono la principale fonte di capitale intellettuale di una startup community e hanno cinque risorse che sono rilevanti per gli imprenditori: gli studenti, professori, i laboratori di ricerca, i programmi di entrepreneurship e gli uffici di trasferimento tecnologico. Di questi, gli studenti sono di gran lunga l’asset più importante. Ovviamente, l’ideale è quando su questo terreno fertile si innestano programmi di avvicinamento degli studenti all’imprenditoria.
I MENTOR
I mentor sono un’inestimabile fonte di know how e la principale fonte di capitale relazionale: generalmente si tratta di imprenditori o investitori che offrono il proprio tempo e la propria esperienza affiancando le startup senza aspettarsi un ritorno economico immediato
LE AZIENDE
Le grandi aziende possono essere una fonte di capitale relazionale, intellettuale e finanziario. In molte community giocano un ruolo importante fornendo spazi e risorse e creando programmi per incoraggiare la nascita di startup che arricchiscono il loro ecosistema. A Londra, il Google Campus è diventato un punto di riferimento e offre spazi che possono essere usati gratuitamente da chi vuole organizzare eventi interessanti per la community. Inoltre è la sede di una caffetteria dove gli aspiranti imprenditori possono lavorare e incontrarsi, di un co-working (Techhub) e del principale fondo di microseed europeo (Seedcamp). Molte grandi aziende si sono dotate di iniziative che permettono loro di interagire con il mondo delle nuove aziende.
In Italia, purtroppo, la maggior parte degli interventi delle grandi aziende (soprattutto banche e telecomunicazioni) sono ancora inquadrabili nella categoria dei progetti di corporate social responsability: iniziative che offrono grant e altri servizi gratuiti come spazi di co-working a giovani talenti, ma che hanno poche connessioni con il resto per sviluppare nuove linee di business.
GLI INVESTITORI
Gli investitori forniscono il capitale finanziario e, dopo aver investito in una startup, un quantità significativa di capitale relazionale. Si sente spesso dire che in Italia non ci sono abbastanza capitali per le startup, ma questo è un cliché: in ogni startup community nel mondo c’è qualcuno che lamenta che nel sistema non girano abbastanza soldi e, magari, invocano un intervento pubblico per colmare il gap. Occorre, invece, essere consapevoli di due cose: a) gli investitori hanno sempre una specializzazione e investono in determinati fasi di crescita dell’azienda e in determinati settori; b) il capitale finanziario è importante, ma non è vero che una maggiore quantità di soldi aumenta automaticamente il numero di startup in grado di stare sul mercato.
I FORNITORI
Ogni startup community ha bisogno di fornitori: avvocati, consulenti, agenzie di selezione del personale e via di seguito. I migliori di loro investono il loro tempo per aiutare le aziende early-stage a muovere i primi passi e non è raro che alcuni decidano anche di investire magari lavorando in cambio di equity dell’azienda.
IL GOVERNO
Il governo, infine, può giocare un ruolo positivo in una startup community a patto che non pretenda di assumere il ruolo di leader. Gli enti pubblici, infatti, si muovono molto lentamente e prediligono le strutture gerarchiche. Esattamente il contrario di quello di cui ha bisogno una startup community in cui le cose accadono molto velocemente, non c’è un’organizzazione cristallizzata e tanto meno una burocrazia.
CREARE UN ECOSISTEMA
È importante sottolineare che non basta un solo attore per creare un ecosistema. Programmi di accelerazione isolati dal contesto o iniziative universitarie di promozione dell’imprenditorialità rischiano di morire di inedia. Occorre creare una massa critica che permetta di alimentare un meccanismo di selezione darwiniana, grazie alla quale i migliori progetti imprenditoriali diventano effettivamente delle aziende in grado di competere sul mercato, mentre quelli più deboli muoiono o vengono assorbiti. Non è un gioco a somma zero: ogni nuova esperienza che nasce nella startup community, anche quelle che si concludono con un insuccesso, arricchisce l’ecosistema e lo fa prosperare.