La decisione del tribunale di Francoforte che ha bloccato UberPop (il servizio di car sharing diffuso tra i privati, non quello delle “auto blu” di Uber) è solo l’ultimo – per ora – atto di una guerra mondiale in corso tra il “vecchio” mondo dell’economia fatta di licenze e autorizzazioni, e quello della sharing economy, che più come azione di società “locusta” andrebbe vista come opportunità diffusa.
Ma, appunto, la decisione tedesca arriva dopo le proteste della primavera scorsa a Milano, e quelle diffuse da Londra a Boston, da Shangai a Tokyo (dove Uber si è registrata come agenzia di viaggi, risolvendo il problema in anticipo), senza dimenticare che anche i sindacati americani dei “taxi drivers” hanno organizzato numerose proteste e manifestazioni con cui hanno voluto denunciare da un lato la necessità di una regolamentazione precisa per evitare danni ai tassisti, dall’altro la pericolosità di app come Uber e Lyft per la sicurezza dei consumatori.
Ma davvero la sicurezza degli utenti è il problema? Non sarà invece, come accade fin troppo spesso quando sul mercato arriva una novità vera e capace, grazie all’evoluzione della tecnologia, di sradicare vecchie abitudini e corporazioni, una presa di posizioni a priori? E nessuno sembra considerare, i media come i taxisti e i politici, che nelle città in cui il modello Uber è stato regolato – negli USA come in Australia – nell’anno successivo i ricavi dei taxi sono aumentati. In un’ottica della politica della mobilità infatti, Uber va ad aggiungersi ai sistemi esistenti (metro, bus, taxi) e a quelli più nuovi (ad es. il Car Sharing comunale o Car to go), con le persone che iniziano ad abituarsi ad avere sempre più opzioni, e ad usare sempre meno (o a non acquistare) l’auto privata. A ciò si aggiunge la sempre maggiore domanda di guidatori, con la conseguenza alcuni tassisti potrebbero preferire passare alla “concorrenza”, avendo maggiori possibilità di guadagno.
Quella in corso, non solo in Italia, ma anche nel paese del mercato libero e delle grandi liberalizzazioni, è senza dubbio una lotta tra la conservazione dell’esistente struttura dei mercati e l’innovazione. Con quasi sempre assente un soggetto: il consumatore, il cui interesse non è evidentemente in cima alla lista delle priorità dei governi. E infatti, lo scorso 1 luglio, la nota del Ministero dei Trasporti diffusa dopo l’incontro tra il Ministro Lupi e i rappresentanti di Uber e Letzgo non ha lasciato dubbi, che ha precisato come “[…] con particolare riferimento aUber Pop e ad applicazioni simili, ha confermato che in questi casi ci troviamo di fronte all’erogazione di un servizio pubblico non autorizzato”. Per fortuna c’è un presidente del Consiglio Renzi che sembra avere un approccio diverso alle nuove tecnologie: “Uber è un servizio straordinario”, ha dichiarato pubblicamente.
Ciò a cui stiamo assistendo e solo l’avvio di un processo in cui sarà l’innovazione tecnologica nella fornitura dei servizi e dell’interfaccia con i clienti a spingere verso una progressiva liberalizzazione anche di questo settore e che implicherà potenzialmente cambiamenti per milioni di persone (anche la cinese app Yongche si sta attrezzando per entrare nel mercato USA e in Europa).
Certamente una grande sfida per le autorità di regolazione. In Italia, l’Antitrust (AGCM) e la nuova Authority per i Trasporti (ART). Quest’ultima, durante la sua prima relazione al Parlamento, nell’illustrare le aree su cui intende intervenire, i tempi e le modalità, non ha tralasciato le problematiche legate a taxi, NCC. L’ART fa sapere di aver ricevuto moltissimi commenti, memorie ed esposti, che sono serviti per identificare gli interessi in campo e di aver ricevuto richieste di avvio di specifici procedimenti di regolazione anche in materia di servizi di taxi e NCC, che sono in corso di istruttoria. Vista l’impostazione di grande apertura verso le liberalizzazioni e la promozione della concorrenza, ci si aspetta una soluzione equa e che tenga conto dei grandi vantaggi per i consumatori che possono scaturire da una maggiore scelta dei servizi dei quali poter usufruire.
E un’altra significativa apertura è arrivata dalla segnalazione al Governo dello scorso 14 luglio, in merito alla Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza, da parte dell’AGCM che ha auspicato “l’abolizione degli elementi di discriminazione competitiva tra taxi e NCC in una prospettiva di piena sostituibilità dei due servizi”. L’Autorità garante della concorrenza ha dunque ribadito l’inadeguatezza del complesso delle norme vigenti, anche in considerazione delle nuove possibilità offerte dall’innovazione tecnologica che ha determinato l’affermazione di diverse piattaforme on line che agevolano la comunicazione fra offerta e domanda di mobilità e che consentono un miglioramento delle offerta possibilità di utilizzo del servizio di trasporto di passeggeri, in termini sia di qualità sia di prezzi.
L’Autorità sembra auspicare l’abolizione di tutti i vincoli normativi che appaiono oramai ingiustificati ed anacronistici in considerazione delle nuove opportunità offerte dalle piattaforme di comunicazione on line tra utenti e operatori NCC e taxi. Un passo in avanti, certamente una presa di posizione che il Ministro Lupi difficilmente potrà ignorare.
Sta finalmente iniziando a passare, con grave ritardo purtroppo, il concetto che, si tratti di Uber, di Letzgo, di Lyft o della cinese Yongche, le tecnologie e i servizi che mettono in contatto passeggeri e autisti con macchine di livello superiore, che forniscono servizi di qualità, che riducono i costi di intermediazione, che valorizzano la tecnologia per ottenere l’effetto di disintermediazione, sono apprezzati e richiesti ormai in tutto il mondo. In tutti i settori l’evoluzione tecnologica travolge e rivoluziona i mercati, non si può fingere di non saperlo in virtù di un monopolio. Al contrario, si deve essere pronti a contrastare eventuali innovazioni “scomode” creando servizi a valore aggiunto che gli utenti continueranno a scegliere, proprio in virtù del fatto che rappresentano qualcosa in più, ciò di cui hanno bisogno, sia rispetto al passato, sia rispetto al nuovo e tecnologico nuovo entrante sul mercato.
Perché ciò avvenga, perché ognuno degli operatori possa ritagliarsi il suo spazio nel mercato, servono delle regole che devono nascere dalla consapevolezza dell’importanza della liberalizzazione di questo settore e che abbiano l’obiettivo di portarlo a crescere, seppure in forme nuove e differenti. L’innovazione non può essere fermata. Soprattutto se la si vuole arrestare per difendere un monopolio, per lo più incapace di fornire un servizio soddisfacente e competitivo ai consumatori.