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Che cosa non mi convince del governo Renzi

Ci incuriosisce il tonico incipit di Giovanni Floris transfugo da Rai 3 a La 7: Alé. E’ tutto basato sulla comunicazione ed è di moda oggi prediligere gli annunci e la protervia. Ma ci piace, a sistema, puntualizzare al giovane Renzi quella che è a nostro autorevole parere la migliore strada per il Paese, senza presunzione di completezza.

Al vertice internazionale il nostro toscano si allacciava e si slacciava la giacca blu di ottimo taglio, svelando così la comprensibile e umana emozione di un incontro importante e impegnativo. Ma stiamo con i piedi in Italia, che poi è una parte del mondo. L’Istat ci sta con il fiato sul collo con dati economici da pelle d’oca, e noi abbiamo lo sblocca Italia senza coperture, la giustizia confusa, la scuola che di certo ha solo il passaggio in ruolo di 120.000 insegnanti, senza nessun criterio di merito. I tagli lineari, purtroppo di ben 23 miliardi, sono lo strumento degli impotenti della Seconda Repubblica, così come l’aumento delle accise su benzina e sigarette lo erano per quelli della Prima. Quando un governo non ha una politica economica e, dopo non aver raccontato la verità alla gente in carne ed ossa, è costretto a fare i conti con la dura realtà del bilancio dello Stato. Per non affondare la nave ricorre al più ingiusto, anti-meritocratico e inefficace degli strumenti di contenimento del deficit.

Se adesso si dovesse cadere all’inferno del 3% di spese date alla patria da ciascun ministero – come sembra dal progetto, sempre annunciato ma fin ad ora negato, della rottamazione dei vecchi sistemi di (non) governo su cui Renzi ha costruito il suo consenso mediatico ed elettorale – siamo di fronte all’ennesima occasione perduta. La “mediocrità rampante”  di chi al governo fino a pochi mesi fa insieme ai vari Della Valle – che chiama Renzi confidenzialmente “Matteo” e DraghiMario” –  producendo un disastro immane è sotto i nostri occhi. È la politica che deve avere la supremazia. E la politica, in democrazia, richiede necessariamente il consenso. Secondo noi le basi su cui si costruisce il consenso devono essere il mezzo con cui attuare il proprio progetto di società, e non il fine al cui ottenimento tutto piegare. Allora Renzi, quale è il tuo progetto? Una  serie di premesse politicamente rilevanti di cui Renzi si è fatto portatore e che in una certa misura ha imposto (specie al suo partito) e non hanno generato un progetto organico con cui identificarlo.

La riforma del Senato e della legge elettorale non sono buone per il solo fatto che si realizzino, e la riforma del lavoro, dove è che si realizza concretamente? Il metodo di lavoro e la modalità organizzativa del governo Renzi non sono molto comprensibili. Sicuramente c’è confusione nella struttura dirigenziale di palazzo Chigi. L’abitudine a non scrivere le leggi in via definitiva prima della loro approvazione, la mancanza cronica delle norme attuative e l’inevitabile chiusura a riccio della burocrazia ministeriale stanno sta creando vuoti paurosi e segnali di una incapacità di tradurre le scelte in norme operative.

Occorre far fare un salto di dimensione strategica all’azione del governo: convocazione dell’Assemblea Costituente per le riforme istituzionali; “piano Marshall” per l’economia, partendo proprio da quell’intervento sul patrimonio pubblico che nell’intervista al Sole 24 Ore il premier nega di voler mettere in atto. Se Renzi farà la coraggiosa scelta di rottamare i primi mesi del suo governo cambiando radicalmente scenario, e allora coniugherà il consenso con la capacità di governare, mettendo così a frutto la sua “indispensabilità politica”, forse sarà la volta buona. Diversamente, così non c’è scampo.

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