C’è una crescente distanza tra il modo di fare politica che ho conosciuto in Italia e quello che sto imparando, di giorno in giorno, a Berlino con la SPD. Una distanza che avverto in molti aspetti, dai più piccoli ai più grandi.
Durante la campagna elettorale per le europee, per esempio, ho affiancato la candidata, ora eletta, Sylvia-Yvonne Kaufmann per quattro mesi di attività no-stop per le strade e nei quartieri di Berlino, alle feste rionali e con incontri ad hoc pensati appositamente per discutere temi di rilevanza politica, come la disoccupazione giovanile o l’integrazione. Ho fatto anche il famoso “knock the vote” assieme ad un’altra deputata della SPD, Cansel Kiziltepe. E a lei ho proprio detto il mio stupore, nel vederla venire con noi, attivisti, porta a porta, a bussare per parlare delle elezioni. In Italia una cosa del genere è impossibile. Eppure qua, non hanno nemmeno 1 agente di scorta, e perché mai dovrebbero averlo?
Ho poi partecipato alla discussione in AlexanderPlatz dove c’erano anche il ministro degli esteri Frank-Walter Steinmeier e il candidato Martin Schulz. Il momento più entusiasmante della campagna: parlare davanti a 2000 persone, in una lingua non mia e assieme a personaggi di quel livello. Io, un perfetto signor/ragazzo nessuno. Eppure, qua a Berlino, è successo.
Oggi, altro esempio di distanza siderale rispetto a ciò che è la Politica in Germania e ciò che è in Italia, dell’auto-rappresentazione di deputat* e senator*. Oggi abbiamo incontrato la Senatrice Dilek Kolat, capo delegazione del Land Berlin per il lavoro, l’integrazione e le pari opportunità. Arriva sola, con la sua auto ad un incontro dedicato alla “rendicontazione” dell’attività politica degli ultimi due anni. Un incontro aperto a tutti gli iscritti della SPD. La Senatrice porta un plico denso di grafici e tabelle, relazioni e un pc. Inizia la presentazione del progetto BerlinArbeit e descrive obiettivi, limiti e risultati. Sono 45 minuti di intervento per spiegare cosa è stato fatto, come e perché. Cosa manca e cosa dovrà ancora essere fatto ed è lì a raccontare, anzi, a rendicontare al suo elettorato cosa sta facendo: un must!
Torniamo un momento a noi, ce li vedete senator* e deputat* a fare cose di questo tipo? Se non in occasioni speciali dove possono avere visibilità e dunque pavoneggiarsi un po’? Salvo poi fare brutte figure perché non sanno la materia di cui dovrebbero occuparsi. Sia chiaro, generalizzo e non è sempre così, ma che sensazione provate nel fare questo confronto: Germania e Italia?
La Senatrice si siede, come se fosse ad un incontro per la discussione della tesi, su una sedia senza tavolo, si appoggia e aspetta che i presenti facciano le loro domande. Un fiume di interventi, iper-critici, tecnici. Le persone presenti sono semplici iscritti, eppure non le danno tregua.
Seconda digressione: e i nostri elettori e iscritti cosa fanno? Oltre al mettere una crocetta su un foglio di carta, che impegno dimostrano? O interesse? O che competenze hanno? Interroghiamoci anche su questo aspetto: l’elettorato e i militanti.
La Senatrice è contestata in alcuni punti poiché le sue descrizioni sono un po’ approssimative, usa concetti complessi dandoli per scontati, per esempio “gute Arbeit”, ossia “buon lavoro”. Si scusa e aggiunge: “il lavoro, anzi, le politiche del lavoro, sono per chi si definisce socialdemocratico il centro dell’azione politica” (e in me scoppia un giubilo). Poi dice: “un buon lavoro è caratterizzato dalla certezza che questo lavoro venga confermato, che sia quindi sicuro e non che le persone siano costrette a subire continui rinnovi contrattuali, senza limite” (vogliamo quindi discutere bene del DL Poletti?), dal controllo sulle discriminazioni, di ogni tipo (hanno sviluppato un gruppo di supporto per i problemi legati al gender) e dalla possibilità di avere delle prospettive, la capacità di immaginare il futuro e di vivere bene la propria vita“.
E voi direte: parole, visioni. Bene, facciamo un parallelo, ancora una volta, tra noi e loro. Per uno come me, che si sente pienamente parte di un progetto politico di sinistra e socialdemocratico, questa affermazione è scontata, ma sentirlo dire è una conferma importante. Troppo spesso, invece, su queste cose “appunto scontate”, in molti si perdono e così si sentono provenire (proprio dal centro-sinistra) proposte assurde e di un liberismo estremizzato. Inoltre, la Senatrice punta il dito contro i minijob, che dice voler combattere oppure armonizzare per aumentare le garanzie che oggi non ci sono.
Terza digressione: quando sento dire che dobbiamo usare il modello tedesco, lo ripeto, voglio dire di fare attenzione. Ci sono storture gravi che ancora oggi non sono state risolte, pensiamo ad un modello per l’Italia, senza scimmiottare nessuno.
I presenti sono circa una quarantina, e son tutti con le mani alzate pronti a fare altre domande. Chiedono di parlare dei progetti concreti: “cosa esattamente stai facendo?”. La Senatrice risponde dicendo che la disoccupazione a Berlino è scesa in modo considerevole negli ultimi anni e che ci sono circa, BADATE BENE, circa 3 progetti in corso per combattere la disoccupazione: 1) discussione di una legge del Land Berlin per un reddito minimo; 2) sviluppo di un sistema di ricollocamento professionale, con strutture ad hoc, per i giovani; 3) progetti di cooperazione multilaterale con enti pubblici e privati in cui la formazione gioca un ruolo cruciale, sia per le persone in cerca di lavoro BADATE ANCORA BENE, che per il personale che con queste persone deve interagire.
Tra le innumerevoli cose che sono state dette e discusse, c’è un’affermazione che mi ha colpito, poiché la utilizzo anche io da diverso tempo ormai: “dietro alle statistiche ci sono le persone, non dimentichiamolo” (giubilo!) e aggiunge “le politiche del lavoro sono complesse, intervenire sul mercato del lavoro richiede soldi, e l’unico modo per poter risolvere la questione della disoccupazione è investire ancora di più in questi progetti“.
C’è sensibilità, competenza e consapevolezza che le cose non possono cambiare se non c’è un vero investimento di idee e capitali, ed è così. Il Land di Berlino negli ultimi anni ha fatto molti passi in avanti, ha fatto investimenti davvero pesanti nel mercato del lavoro, ma i risultati si vedono. Ed ecco ancora un vero agire politico di sinistra (e poi ci si chiede se la sinistra esiste, sì c’è eccome, e funziona molto bene ma in altri Paesi). Che pone il pubblico al centro, che interviene e che investe sulle persone: questa è la differenza. Le persone sono una RISORSA e non un COSTO. La FORMAZIONE e la RE-INTEGRAZIONE sono elementi cruciali per una buona politica del lavoro, e ci vogliono anche le persone giuste e competenti, negli uffici, altrimenti il risultato non può essere positivo.
Questa serata di politica vera si conclude bene, sono soddisfatto e ho sentito il bisogno di condividere tutto in questo spazio. C’è chi non sarà d’accordo, pazienza. C’è chi sentirà un po’ di entusiasmo e chi vedrà quel bagliore di speranza ancora luccicare: c’è una distanza tra destra e sinistra, e questo non ha a che vedere con i gufi, ma con il modo in cui chi fa politica si auto-rappresenta, considera i propri doveri e le proprie responsabilità.