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Cina e Draghi al vaglio delle Borse

Inizio settimana improntato alla risk adversion sui mercati. Principale catalyst della negatività sembra essere la Cina, recente protagonista di una raffica di dati negativi e sotto attese: ad agosto hanno deluso il trade balance (importazioni in calo), CPI, aggregati monetari, investimenti, retail sales e produzione industriale. I mercati avevano assorbito questa grandinata principalmente grazie ad attese di nuovo stimolo, alimentate in particolare dalla notizia delle facilities erogate dalla PBOC alle prime 5 banche del paese.

Ma il ministro delle finanze cinese Lou Jiwei, in Australia per il G20 nel week end, ha gettato acqua su fuoco, dichiarando tra l’altro, che non vi saranno rilevanti modifiche della politica monetaria e fiscale dovute a movimenti di singoli indicatori economici, e che il paese non può più fare affidamento su spesa pubblica in infrastrutture per puntellare gli investimenti, in quanto questo tipo di politiche ha già portato all’attuale eccesso di capacità produttiva, debito e inquinamento.

Non proprio quello che gli investitori desideravano sentirsi dire alla vigilia dell’uscita del Markit PMI flash di settembre, atteso dal consenso proprio sulla soglia di stagnazione dell’attività (50). Tra l’altro, Deutsche Bank osserva che, oltre al PMI Markit, e quello ufficiale dell’ufficio statistico locale CLFP, ne esiste un terzo, quello di Market News, che normalmente viene snobbato a favore dei primi 2. Quest’ultimo è uscito in calo di oltre 5 punti, il che implicherebbe per quello di markit una lettura intorno a 48.5. Cosi gli indici cinesi hanno lasciato sul campo circa l’1.7% contagiando abbondantemente il resto dell’area, nonche le commodities industriali, con il rame ai minimi da 3 mesi e l’iron ore che ha perso quasi il 4%.

Draghi ha riconosciuto la perdita di momentum della ripresa europea e i rischi sul quadro inflattivo, ma ha difeso l’operato dell’ECB e nuovamente esortato i governi ad agire. In paricolare ha sostenuto che il modesto accesso alla TLTRO di settembre era stato messo in preventivo e che le misure hanno già impattato i mercati finanziari e mentre gli acquisti di asset stimoleranno la crescita dei mercati di ABS e Covered Bonds.

Tra i punti più interessanti del discorso, personalmente metterei quando il Presidente ha dichiarato che l’ECB sta iniziando una transizione da un sistema fondato sulla fornitura passiva di credito ad uno basato su una gestione del proprio bilancio più attiva e controllata. Poichè lo strumento non convenzionale che offre maggior controllo sul bilancio di una banca centrale è il quantitative easing, se ne deduce che questo dovrebbe essere l’approdo della “transizione”.

Il discorso di Draghi ha segnato più o meno il picco del sentiment, dopodiche una Wall Street a sua volta assai poco ispirata ha condotto l’ Europa ad una chiusura negativa, con Milano nuovamente a guidare i ribassi (insieme al settore bancario).

Difficile trovare catalyst precisi della discesa US. Le sorprese negative sul fronte macro (Chicago FED settembre e existing home sales agosto) non hanno avuto alcun impatto su un super $ che ha fatto, sia pur di poco, nuovi massimi contro il paniere di divise che compone il dollar index.
E Dudley, il potente presidente della FED di New York, è suonato accomodante come al solito, avendo sostenuto tra l’altro che la Fed puo’ permettere all’economia US di “surriscaldarsi un po’”.

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