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Allarme clima e sovrappopolazione. I soliti, vecchi miti

Due notizie di questi giorni che, viste sotto una certa angolatura, sono due facce della stessa medaglia. Prima notizia: a New York i grandi della Terra si sono ritrovati sotto l’egida dell’Onu per discutere, in vista della prossima conferenza di Parigi del 2015, di climate change, ovvero della nuova parola d’ordine del verbo ambientalista, una volta archiviato il global warming essendo stato dimostrato, numeri alla mano, che il fatto non sussiste. Dunque ora il nemico da combattere, in nome del quale 300.000 persone hanno manifestato a Central Park, è il cambiamento climatico. “L’allarme” – ha scritto Piero Vietti in un formidabile pezzo sul Foglio la cui lettura andrebbe imposta in tutte le scuole di ogni ordine e grado – “si è così spostato poco per volta dalle temperature ai cosiddetti fenomeni estremi che secondo molti esperti sarebbero in aumento. Aspettatevi un futuro in cui uragani, cicloni tropicali e alluvioni saranno la norma, dicono gli esperti. I parametri per calcolare la potenza di una tromba d’aria sono improvvisamente diventati i danni che causa, e non la sua potenza. In questo modo si ha gioco facile, perché rispetto al passato quasi tutte le zone in cui passano uragani et similia sono molto più popolate e urbanizzate, e si possa così dire che nessun uragano aveva mai provocato così tanti danni.” Al di là dell’operazione di maquillage lessicale, la sostanza è rimasta inalterata: se quei puzzoni degli esseri umani non se la faranno finita di emettere CO2 in atmosfera, presto o tardi il pianeta tirerà le cuoia. “E’ un atteggiamento ideologico – dice Vietti – che non tiene conto della realtà, e di come il sistema clima sia questione troppo complessa per pensare di regolarla con un termostato. Un esempio? Mentre i ghiacci del Polo Sud sono in costante crescita già da qualche stagione (“E’ colpa del global warming”, assicurano gli esperti), quest’anno la sorpresa l’ha fatta il ghiaccio al Polo nord, che ha avuto un’estensione minima superiore di due milioni di km quadrati rispetto al 2012, e leggermente superiore a quella dell’anno scorso…”. Oltretutto, come la mettiamo con i paesi in via di sviluppo, alcuni dei quali – come India e Cina – hanno guarda caso declinato l’invito dell’Onu? Ecco allora che in attesa che tutti si decidano una buona volta ad anteporre le magnifiche sorti e progressive del clima ai loro miopi interessi, “si può sempre provare – prosegue Vietti – a ridurre il numero della popolazione mondiale”. E qui veniamo alla seconda notizia. Uno studio condotto dai demografi dell’Università di Washington sui dati più aggiornati dell’Onu (sì, la stessa di cui sopra) dice che la popolazione mondiale – udite udite – arriverà entro il 2100 alla cifra di 12 miliardi di esseri umani. Manco a dirlo, gli esperti che hanno partorito questa nuova previsione hanno già pronta la soluzione, che è poi lo stesso film di sempre: controllo delle nascite, i cui metodi li conosciamo bene. E questo nonostante, di nuovo, i fatti abbiano smentito gli allarmi catastrofistici sulla sovrappopolazione del pianeta che da decenni l’opinione pubblica, opportunamente manipolata, è costretta a sorbirsi. Al punto che ci sarebbe da chiedersi come mai, a intervalli più o meno regolari, continuino ad uscire studi analisi e ricerche che reiterano, sparandola ogni volta più grossa, la stessa solfa che, tra l’altro, è solo apparentemente eco-centrica, cioè a favore dell’ambiente e dell’ecologia, essendo invece radicalmente ego-centrica nella misura in cui tutto è strumentale non alla salvaguardia del pianeta ma solo degli interessi di poche oligarchie. Ma tant’è, niente di nuovo sotto il sole: anche se i fatti smentiscono le teorie, tanto peggio per i fatti. E’ l’ideologia, bellezza.



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