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Personal branding. Se la cura della propria reputazione digitale è il futuro (o forse già il presente)

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Dare vita un blog ben strutturato che faciliti condivisione e commenti. Aggiungere l’apertura dei profili sui principali social network e infarcirli di contenuti interessanti. Mescolare il tutto, creando un bacino di utenti del proprio settore con cui instaurare uno scambio virtuoso di informazioni e opinioni. Cuocere a fuoco lento aggiungendo tanta passione e una buona dose di onestà e sincerità.

Se fosse una ricetta, si potrebbero riassumere così gli ingredienti necessari per costruire una strategia vincente di personal branding. Ovvero quel processo di creazione e gestione del proprio “brand”, inteso non solo dal punto di vista professionale ma anche come somma di tutti gli elementi che rendono unica una persona. O, se si preferisce, potremmo definirlo più sociologicamente come la capacità di “coltivare” noi stessi e la percezione che gli altri hanno di noi.

Riccardo Scandellari con Fai di te stesso un brand. Personal branding e reputazione online” (edito da Dario Flaccovio) offre un valido aiuto a tutti coloro che necessitano avere e dare visibilità alla propria identità online – anche ai neofiti, grazie all’utilizzo di un linguaggio semplice e chiaro -, in un orizzonte in cui la reputazione digitale e la cura del proprio “brand” sono, di fatto, elementi fondamentali per la propria crescita professionale e personale.

Basti pensare che la maggior parte dei recruiter e delle aziende valutano il candidato anche in base a quello che si dice di lui in rete (ben il 42.5% secondo i dati presentati la scorsa settimana durante la Social Media Week di Roma) o che attraverso la propria presenza online si possono vendere in maniera maggiore o minore prodotti e servizi. Ed è proprio la nostra immagine e il valore che riusciamo a trasmetterle che diventa fonte di garanzia e affidabilità all’interno del labirintico mondo della Rete.

Da dove partire, dunque? Dai contenuti. Più si è costanti e metodici nel lavoro, più questi saranno interessanti e di qualità e faciliteranno il raggiungimento dell’obiettivo: ottenere visibilità e stabilire connessioni ad hoc e durature nel tempo. Come scrive Scandellari: «Il comportamento digitale richiede anche una buona capacità di espressione attraverso il testo. Per creare stupore, interesse e curiosità non serve un semplice punto esclamativo alla fine della frase ma un atteggiamento ironico e sincero, anche verso se stessi, e la propensione a mettersi in gioco». Insomma, il segreto è tenere «conversazioni digitali leggere e professionali al tempo stesso».

Oltre ad essere un ottimo vademecum, “Fai di te stesso un brand” è un esempio concreto di personal branding. Scandellari inserisce nel volume il suo network di amici ed esperti del settore che offrono una serie di dritte e suggerimenti su come promuovere al meglio se stessi in Rete: Rudy Bandiera (che ha curato anche la presentazione), Andrea Albanese e Francesco Russo, solo per citarne alcuni.

In sei capitoli e poco più di 200 pagine l’autore ci fornisce le indicazioni più adatte a maneggiare la preziosa, quanto inesplorata, cassetta degli attrezzi che il Web ci mette a disposizione. Del resto il personal branding è un vero e proprio lavoro e bisogna dedicarci tempo, pazienza e dedizione. Ma lo sforzo sarà ripagato – assicura l’autore – poiché la reputazione digitale, di cui la società fa ancora fatica a comprenderne le dinamiche, è il futuro (o forse addirittura il presente).

Una frase, citata nelle prime pagine del libro di Scandellari, riassume bene la filosofia del personal branding. Quella del poeta brasiliano Mário Quintana che scrive: «Non inseguire le farfalle, ma prenditi cura del giardino, affinché le farfalle vengano da te».

Una frase che potrebbe essere interpretata quasi come un monito per i “personal brander” di oggi.

di Alma Pantaleo


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