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La Germania è diventata la calamita d’Europa per gli immigrati

Le tensioni geo-politiche ai confini dell’Europa e il protrarsi della debolezza del ciclo economico in molti paesi dell’area hanno contribuito a modificare i flussi migratori interni e internazionali sia in termini di numerosità sia nella scelta dei paesi di destinazione. Sull’aumento dei nuovi permessi di soggiorno rilasciati nel 2013 nella Ue-28 (2,3 milioni, +12% a/a) ha pesato l’incremento di quelli concessi per motivi umanitari (+39%) la cui incidenza sfiora il 30%. Nonostante anche i permessi per motivi di lavoro siano aumentati (+10,6%), la loro quota sul totale risulta in diminuzione di oltre 8 p.p. rispetto al 2008.

L’allargamento a est dei paesi aderenti all’Unione e il perdurare di elevati tassi di disoccupazione in molte economie della zona euro hanno favorito la dinamica delle migrazioni interne, con una polarizzazione verso la Germania: nel 2013 il saldo migratorio netto (ingressi meno uscite) nel paese ha superato le 466mila unità (il livello più elevato degli ultimi venti anni) portando la Germania a essere il primo paese di destinazione in Europa e il secondo tra le economie sviluppate dopo gli Stati Uniti. Oltre alla quantità è migliorato anche il livello di istruzione di chi sceglie di stabilirsi in Germania: il 29% degli immigrati nel decennio 2001-11 nella fascia di età 20-65 anni è laureato, una percentuale più elevata dell’analogo dato riferito alla popolazione tedesca. L’impiego di capitale umano straniero ha portato consistenti benefici all’economia tedesca: è stato infatti stimato che il 10% della crescita del Pil realizzata in ognuno degli ultimi quattro anni è stata realizzata grazie al loro contributo.

Dal 2011 Irlanda, Spagna e Portogallo registrano un saldo migratorio negativo, mentre Italia e Regno Unito presentano un saldo a favore dell’immigrazione ma in rallentamento. Nel nostro paese nel 2013 il saldo migratorio è sceso a 182mila unità, il valore più basso dal 2007 a causa sia di un rallentamento delle entrate (-12% a/a) sia di un aumento delle uscite (+18%) soprattutto di cittadini italiani (+21%).

Gli effetti economici delle emigrazioni sono complessi e contrastanti: se da una parte si riduce il tasso di disoccupazione e viene meno la necessità di pagare i sussidi di disoccupazione, dall’altra si indebolisce la domanda interna. Interessante la lettura del caso spagnolo dove le forti emigrazioni rendono più difficile lo smaltimento del surplus di immobili disponibili.

(estratto dal Focus Bnl)


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