In un periodo storico in cui le crisi di Libia, Irak e Ucraina impongono ai Paesi europei una preoccupata ed attenta formulazione delle proprie strategie energetiche, Carrà cerca di valutare queste strategie, in chiave geopolitica ma anche e soprattutto in chiave ambientale. A partire dall’Europa, dove “i generosi sussidi alle fonti di energia rinnovabili, incrociandosi con la crisi finanziaria presente nei diversi Stati, stanno dando luogo a pesanti nazionalismi economici”. In secondo luogo a livello globale dove, “malgrado gli sforzi fatti in questi ultimi anni per diminuire le emissioni di anidride carbonica non si sono manifestati segni significativi di rallentamento”, tanto da riconoscere il fallimento del costoso Protocollo di Kyoto.
UN MODELLO SULLE TRANSIZIONI ENERGETICHE
La debolezza del dibattito sul ruolo dell’energia nelle variazioni climatiche si percepisce dal fatto che “manca una realistica modellazione degli aspetti tecnologici connessi con le trasformazioni energetiche”. Carrà riporta a tal proposito un’indagine condotta in California “intesa ad individuare il cammino da intraprendere per ridurre in modo significativo l’impiego dei combustibili fossili ad un valore pari al 20% di quello attuale entro il 2050. I risultati evidenziano la necessità di attuare una profonda revisione delle infrastrutture, includendo un significativo miglioramento dell’efficienza dei processi con i quali viene prodotta ed utilizzata l’energia, un’ampia elettrificazione dei trasporti ed un largo impiego delle energie carbon free incluso il nucleare. L’energia fotovoltaica diffusa sembra destinata ad un ruolo marginale. Nel contempo viene comunque evidenziato che le trasformazioni da applicare riguardano tecnologie non ancora commercializzate. Come conclusione emerge il fatto che anche in uno Stato ricco e tecnologizzato quale la California si può ottemperare solo per il 60% ad un obiettivo ambizioso inteso a limitare entro un tempo ragionevole l’impiego dei combustibili fossili. L’estensione dell’approccio illustrato a tutto il pianeta appare allo stato attuale improbabile.”
FOTOVOLTAICO TRA REALTA’ E FANTASIA
L’impressione è che, per quanto si continui a frastornare l’opinione pubblica sui pericoli del riscaldamento globale, le politiche energetiche attuate fino ad ora continuino ad ignorare alcune evidenze di fondo. Una di queste è che, nonostante gli sforzi profusi, “il contributo dell’energia fotovoltaica alla produzione mondiale di energia ammonta a circa lo 0,2%, con larga prevalenza dell’Europa. La strozzatura ad un esteso uso all’applicazione dell’energia periodica fornita dal sole è costituita dalla mancanza di adeguate tecnologie per l’immagazzinamento dell’energia elettrica, per cui l’approccio più efficace appare quello di ottimizzarne l’impiego mediante smart grids.” Un articolo pubblicato su «The Economist», dal titolo significativo How to lose half a trillion euros, ci informa però che un “riequilibrio della situazione richiede un aggiornamento della rete il cui costo previsto ammonta a circa mezzo trilione di euro. Si tratta di una situazione non solo molto onerosa, ma anche molto complessa, poiché deve contrastare la deregolamentazione introdotta dall’impiego delle fonti rinnovabili per la loro periodicità e stocasticità.”
LA COLPA E’ DEI TRASPORTI
Un ulteriore problema riguarda il settore dei trasporti, che da solo “contribuisce a generare circa il 35% dell’anidride carbonica riversata nell’ambiente, provocando un aumento delle emissioni di CO2 tale da rendere praticamente impossibile l’imposizione di ben definiti limiti della sua concentrazione nell’atmosfera.” I percorsi da intraprendere per superare tale strozzatura sono due: il miglioramento dell’efficienza dei processi coinvolti ed un crescente impiego dei biocombustibili. In particolare viene riposta una fiducia sempre maggiore nei carburanti ottenuti dalle “biomasse ligneo-cellulosiche mediante l’ingegneria genetica”, i cosiddetti biocombustibili di terza generazione. “In sostanza, il tempo impiegato dalle biomasse per trasformarsi in petrolio diminuirebbe significativamente grazie all’utilizzo di batteri opportunamente programmati.” E’ bene ricordare tuttavia, che entrambi i percorsi auspicati presentano sfide tecnologiche e gestionali difficilmente risolvibili in un breve arco di tempo.
COSTI CERTI PER BENEFICI INCERTI
“Pur essendo riconosciuto che esiste un’influenza antropica sul riscaldamento globale, che rappresenta fra i pericoli incombenti quello che crea maggior sgomento e preoccupazione, appare improbabile che in breve tempo possano avere luogo evoluzioni catastrofiche. Ovvero tali da giustificare un’applicazione rigida di vincoli «ambiziosi» sul limite di produzione dell’anidride carbonica.” Verrebbe quindi da chiedersi se valga la pena continuare ad adottare misure che, oltre a non mostrarsi del tutto efficaci, penalizzano severamente le attività produttive. Il rischio è che si trasformi “un non ben definito pericolo ambientale in un sicuro disastro economico.”
Trovi l’articolo completo sul numero 3.2014 della Rivista Energia