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Perché la Legge di stabilità è un po’ instabile

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

In attesa di un documento ufficiale che possa permettere a cittadini, economisti ed osservatori di dare un giudizio compiuto sulla prossima manovra finanziaria, sui mercati si registra un gran nervosismo.

Il vaglio dell’Europa, infatti, non è l’unico scoglio cui il Governo deve tener conto.

L’andamento dei mercati negli ultimi sei mesi rileva fibrillazioni inquietanti e la natura della prossima finanziaria non potrà non implicare ulteriori conseguenze sul loro andamento.

Superati gli spot o, per dirla come Ricolfi, “distinto il lato propagandistico da quello da quello effettivo”, resta ancora da capire la direzione di marcia che si vuole dare all’Italia.

Non vi è dubbio che l’annuncio d’interventi volti a stimolare la domanda interna rispondono all’esigenza primaria di porre fine alle politiche di austerity che, però, non si superano né con partite di giro ed artifici contabili,  né tantomeno con tagli irreali e con presunte poste di gettito derivanti da un’improbabile recupero dall’evasione fiscale.

Queste misure, oltre ad essere destinate ad avere scarsa credibilità in sede comunitaria e sui mercati, portano inevitabilmente all’attuazione di quelle clausole di salvaguardia (aumento di accise, Iva, ecc.) – che avrebbero sull’economia del belpaese l’effetto opposto.

Gli investimenti in deficit hanno la loro ragione nella necessità di avere risorse fresche da immettere nel sistema, ma devono per l’appunto essere destinante agli “investimenti”, alla crescita ed allo sviluppo,  e non a marchette “pre” e “post” elettorali.

In sostanza le coperture, allo stato tutte aleatorie, non sono un optional e non sono interdipendenti dagli effetti dalle manovra.

Allo stato, delle famigerate riforme strutturali per rimettere in moto l’economia non se ne vede neanche l’ombra. E’ però significativo notare che proprio un giornale economico come il Financial Times indichi come prioritaria proprio quella riforma della giustizia che né Renzi, né Orlando, né qualche opposizione ha realmente volontà di fare e né tantomeno qualche giudice ha intenzione di far fare.



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