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Il sistema di protezione dei testimoni, funziona?

Deficit informativo circa i diritti e doveri connessi con l’assunzione dello status di testimone di giustizia, sistemazioni logistiche carenti, inadeguatezza delle misure di protezione, condizioni di isolamento e deficit nel reinserimento socio-lavorativo. Sono queste alcune delle criticità sollevate nella bozza di relazione sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia, in esame nella commissione di inchiesta sul fenomeno delle mafie.

Le criticità riassunte nella relazione sono state raccolte a seguito di alcuni audizioni di testimoni di giustizia. Per quanto riguarda il “deficit informativo” molti si lamentano dell’insufficiente azione informativa svolta dagli organi istituzionali che intervengono, a vario titolo, nel procedimento di protezione, nonché la non corrispondenza tra le condizioni di vita prospettate e quelle realizzate.

E ancora: anche le abitazioni offerte, specie in occasione delle prime sistemazioni in località protetta, sono spesso “degradate” e prive delle “elementari condizioni igieniche” o, che per lunghi periodi, i testimoni vengono “collocati in strutture alberghiere fatiscenti”. Per quanto riguarda la “inadeguatezza delle misure di protezione”, sono spesso riconducibili alla “ridotta disponibilità di mezzi e uomini, alla saltuarietà della vigilanza, alla scarsa professionalità delle forze dell’ordine, alla utilizzazione di immobili già impiegati per collaboratori di giustizia e la cui pregressa destinazione era nota”.

La relazione poi sottolinea la “mancata attuazione della norma che prevede che al testimone di giustizia vada assicurato il pregresso tenore di vita” e che spesso la protezione è “condizione di isolamento” e “mancanza di punti di riferimento e di supporto”.

Tra i gap del sistema di protezione anche il reinserimento socio-lavorativo (specie per imprenditori e commercianti); la disparità di trattamento economico, da parte della legge, tra testimoni sottoposti alle speciali misure e quelli sottoposti al programma speciale di protezione; l’eccessiva burocratizzazione per rispondere alle più svariate esigenze (ad esempio, si sono lamentate lungaggini sia per l’assistenza sanitaria, sia per la regolarizzazione delle posizioni previdenziali; sia per la sottoposizione alla visita medico-legale presso l’Inps ai fini del riconoscimento del danno biologico). Infine, i testimoni hanno rilevato difficoltà nell’utilizzo dei documenti di copertura e alla procedura per il cambiamento delle generalità. (SOR)


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