Pubblichiamo grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori e dell’autore, l’articolo di Riccardo Ruggeri uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
Lo scarso peso di Federica Mogherini sulla politica estera dell’Unione europea è confermato da un vertice franco-tedesco che si è svolto martedì 15 ottobre a Berlino. Sia i temi trattati che le decisioni prese in quella sede, dimostrano che l’asse franco-tedesco è il vero perno delle relazioni internazionali dell’Europa, un ruolo rispetto al quale – piaccio o no – la Lady Pesc imposta da Matteo Renzi appare in posizione subordinata. Lo conferma il breve commento con cui il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha concluso il vertice: “I numeri del budget e della crescita offrono una visione miope delle relazioni tra Francia e Germania, che continuano ad essere amichevoli”. Segno evidente che Steinmeier e il suo collega francese, Laurent Fabius, avevano deciso di non dedicare neppure un secondo del loro incontro ai temi economici, in particolare al fatto che il budget francese non rispetta nessuno dei parametri europei, ed ha per questo creato un caso politico tra Parigi e Bruxelles.
Di comune accordo, Steinmeier e Fabius hanno passato in rassegna i problemi mondiali più spinosi, dalla Siria all’Ucraina, dall’Iraq al Mali, e su tutti – hanno fatto sapere – l’intesa franco-tedesca è stata completa. L’Unione europea e Lady Pesc ne sono stati messi al corrente dai giornali, e – bongré malgré – vi si dovranno attenere. A giudicare dall’enfasi che Berlino ha voluto dare a questo vertice, è evidente che l’asse franco-tedesco ha spostato il baricentro politico dall’economia alla politica estera. Solo pochi giorni fa, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, dichiarava che la Francia “è in crisi di fiducia, a causa dell’alto debito e delle riforme non fatte”. Una presa di distanze che il suo collega Steinmeier ha relegato a una “visione miope”, perché limitata ai numeri del budget e della crescita. Ben più importanti, a suo avviso, sono invece le identità di vedute di Germania e Francia sui temi mondiali più caldi. Un idem sentire che negli ultimi mesi è stato agevolato dal rapporto di amicizia personale tra i due ministri degli Esteri, rafforzato dalla comune militanza socialdemocratica.
Agendo di concerto, nei mesi scorsi Steinmeier e Fabius si sono recati insieme, con una visita ufficiale congiunta, in Moldavia, Georgia e Tunisia. Sempre insieme si erano recati a Kiev in febbraio, quando infuriava la protesta di piazza Maidan. In maggio, poi, Steinmeier è stato ospite di Fabius durante una riunione di vertice del ministero degli Esteri francese a Parigi, privilegio che poco dopo ha ricambiato, invitando Fabius a un meeting del suo ministero a Berlino, e a una successiva riunione del Comitato per la politica estera del Bundestag, il Parlamento tedesco.
La cooperazione sempre più intensa in politica estera tra i due Paesi sembra destinata a cambiare la visione tradizionale dei loro obiettivi. Ancora oggi, ha spiegato Steinmeier, l’opinione prevalente è che la Germania guardi soprattutto all’Europa dell’Est, mentre la Francia si dedica soprattutto alle relazioni con l’Europa del Sud e con l’Africa. “È una visione”, ha sottolineato, “che non corrisponde più alla realtà”. Il motivo? Semplice: Germania e Francia vogliono fare la stessa politica estera su scala mondiale. E le decisioni prese nel vertice di Berlino ne sono un esempio.
Sul caso più scottante, quello della Siria, Steinmeier e Fabius hanno condiviso la decisione di non inviare truppe di terra per combattere contro le milizie dello Stato Islamico (Isis), né in territorio siriano, né in Iraq. “In Siria noi daremo supporto ai ribelli moderati”, ha detto Fabius. Qualche sostegno potrà essere dato anche al piano di Barack Obama a favore dei curdi.
Ma nel medio termine, “la soluzione del conflitto con l’Isis può essere soltanto politica”. Il che implica dei negoziati futuri con i tagliagole dell’Isis: rispetto alle posizioni di Londra e di Washington, la differenza è abissale. Per questo, nessuno si aspetti che l’Europa mandi truppe di terra a combattere in Siria. Nel ribadirlo, Steinmeier e Fabius hanno voluto precisare che anche la Mogherini, durante la sua audizione al Parlamento europeo, si è pronunciata contro l’invio di truppe di terra in Siria. Ma visto che prenderà possesso dell’incarico di Lady Pesc il primo novembre, l’asse franco-tedesco si è portato avanti con il lavoro.
Francia e Germania si sono accordate anche per evitare qualsiasi coinvolgimento militare nelle vicende dell’Ucraina. Berlino e Parigi fanno affidamento sul fatto che il recente accordo di Minsk può essere la base di una pace vera tra l’Ucraina e la Russia, a cui dovranno dedicarsi in autonomia il presidente ucraino Petro Poroshenko e quello russo Vladimir Putin (in questi giorni a Milano proprio per dare seguito a quell’accordo, oltre che ai problemi delle forniture di gas).
Al massimo, Germania e Francia possono contribuire a fornire i droni necessari per aiutare la sorveglianza da parte dell’Osce (l’organizzazione per la pace e la sicurezza in Europa) sulle zone in cui è stato dichiarato il cessate il fuoco. Ma senza inviare propri soldati. Indicazioni chiare, che Lady Pesc potrà soltanto fare proprie, senza cambiare nulla. E’ l’ennesima conferma che una politica estera dell’Unione europea, in quanto tale, non esiste. Contano i singoli governi. E, più di tutti, conta l’asse Berlino-Parigi.