Erano seduti uno di fronte all’altro attorno a un piccolo tavolinetto quadrato di una caffetteria. Studenti di ingegneria entrambi. Molto giovani, studenti del secondo anno.
Lui era perso di lei. Tutti i muscoli e tutti gli arti in movimento erano quelli di lui. Che, se non fosse che era seduto, avrebbe raggiunto il polo nord. Andavano appresso ai moti del viso di lei. Ai sorrisi, allo strizzare degli occhi, al ruotare del capo. Come se gli arti di lui fossero agganciati agli epiteli di lei. Lei era proprio una pupidda. Ricordava, volendo un poco esagerare, la Cardinale. Il capo di lei era come una gemma che sta per sbocciare. E della gemma aveva la bellezza appena pronunciata. Tutta ancora in potenza. Ma l’uomo della terra avrebbe detto che la partenza era buona. Lui aveva della sua età l’assenza di ogni fascino, che provava a colmare con l’impeto e l’energia.
A un certo punto la conversazione piega verso la geografia di appartenenza dei due. Lei siciliana, lui piemontese, si scambiano i dettagli delle località di provenienza, facendo dell’ubicazione geografica pretesto di schermaglia. Lei rivela di essere di Noto e chiede a lui cosa conosce della Sicilia. E lui implicitamente risponde affermando che Noto è sul mare. La risata, che segue, di lei, è un affondo per lui che cerca di rifarsi chiedendo a lei dove fosse Alessandria. E lei, sul tovagliolo fa due puntini indicando Alessandria rispetto a Torino.
Ora, va bene che l’amore è spaesamento, ma Alessandria finì posizionata così a soqquadro che era stato più preciso lui che aveva messo Noto a mare. Al tavolo da cui osservavamo, Cupido, che aveva una faretra piena di forchette pronte da scoccare, tanto lo straniamento geografico finì col colpire sulle natiche la cameriera di passaggio.
Lui, lei e la geografia
Di