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Sblocca Italia, perché i ricorsi al Tar non potranno fermare le opere

Un emendamento del governo al decreto Sblocca Italia, approvato in commissione Ambiente alla Camera dove è in corso l’esame al testo, consente di superare l’impasse per la realizzazione di opere necessarie, anche in seguito a uno stato di emergenza, dovuta al susseguirsi di ricorsi al Tar. Sostanzialmente la proposta – ‘piovuta’ sul tavolo della commissione dopo l’alluvione di Genova – serve per ‘sanare’, per esempio, il conflitto che da tre anni (35 milioni erano pronti all’indomani delle bombe d’acqua del 2011) ha bloccato i lavori per la sistemazione del Bisagno nel capoluogo ligure.

In questo modo, le opere idrauliche a Genova potranno essere fatte per l’interesse pubblico anche quando fosse presente un ricorso. Si tratta di situazioni, si legge nell’emendamento, che ”costituiscono esigenze imperative connesse a un interesse generale” e ”funzionali alla tutela della incolumità pubblica”. Il Tar può eventualmente accogliere un ricorso soltanto ”nel caso in cui i requisiti di estrema gravità e urgenza siano ritenuti prevalenti rispetto alle esigenze di incolumità pubblica”.

Inutile dire che la modifica al decreto viene accolta con favore da Palazzo Chigi: ”Questa norma segna una svolta storica per un Paese ad alto rischio come l’Italia, finalmente non potranno più ripetersi i casi Bisagno – osserva Erasmo D’Angelis, capo dell’Unità di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico, definita più brevemente ‘#Italiasicura’ – in questo modo dopo l’espletamento di una gara l’eventuale avvio di un ricorso amministrativo non sarà più causa del ritardo dei cantieri: una decisione – continua D’Angelis – che fa prevalere, per la prima volta, l’interesse e l’incolumità dei cittadini rispetto alle eventuali rivendicazioni delle imprese soccombenti rispetto all’impresa aggiudicataria”. Per il capo di #Italiasicura devono mettersi al lavoro ”ingegneri e operai e non solo giuristi e avvocati”, cercando di ”recuperare anni perduti tra tribunali e carte bollate”.

Se la norma introdotta oggi – mette ancora in evidenza D’Angelis –  ”fosse già stata attiva, i cantieri sul Bisagno sarebbero potuti partire all’indomani dell’aggiudicazione della gara, tre anni fa”. A Genova, al torrente Bisagno (che con piogge abbondanti diventa un fiume in piena) si sarebbe dovuti intervenire per metterlo in sicurezza, specie per la parte che è stata ‘incanalata’ e che non è sufficiente a reggere l’urto delle piene. Inoltre, in questo modo, dovrebbe per esempio esser garantito che i 45 milioni per lo scolmatore del Fereggiano (l’altro torrente silente di Genova) non vengano bloccati dai contenziosi, e che invece si comincino i lavori.

Anche il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti prende posizione: ”Al fronte di tantissime imprese sane e oneste ce ne sono alcune che esagerano” con i ricorsi al Tar. Naturalmente non sfugge un passaggio sui ritardi per la costruzione di opere anti-dissesto e per la difesa del suolo, dovuti – secondo Galletti – a ”un problema di burocrazia e di giustizia amministrativa” ma ”anche a un problema etico” e cioè che ”il pubblico deve imparare a fare meglio i bandi di gara”. E a causa dello ‘stallo’ burocratico ”ci sono 2,3 miliardi di euro fermi”.

Intanto l’esame del decreto andrà avanti a oltranza per cercare di chiudere il testo e andare in Aula lunedì (dove sembra scontato il ricorso alla fiducia). I temi ‘caldi’ ancora da toccare riguardano le concessioni autostradali, le norme sulle trivellazioni e il capitolo rifiuti (dove la Lega dovrebbe alzare le barricate sulla questione del trasporto della spazzatura fuori regione verso impianti con capacità residua).



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