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Sinodo, vince la Chiesa

L’attesa non è stata tradita. E neppure la “Parola” è stata smarrita. Come 50 anni fa con il Vaticano II, al Sinodo per la famiglia ha vinto l’umanità. Ha vinto quel Popolo del Dio fatto uomo che oggi, come allora, si fa storia.

Eppure tradurre, come si è tentato di fare da più parti in questi giorni, il percorso sinodale in un semplice scontro tra conservatori e progressisti significa svilire il portato delle decisioni a loro modo “storiche”.

«Aperture» che coniugano inscindibilmente l’Insegnamento alla promozione umana; la libertà ai valori.

A differenza dello Stato che deve (quando ci riesce) darsi delle regole di convivenza civile nel rispetto delle varie esigenze di libertà, la Chiesa ha il compito immane (cioè gravoso ma al tempo stesso straordinario) di fornire il “senso”. Perché alla luce della “Parola” non tutti i gatti frutto di libertà possono dirsi bigi.

Ecco la ragion d’essere della discussione appassionata; della necessità di profondità, di discernimento, di ascolto e di confronto.

La Chiesa ha una missione: indicare la direzione senza divenire però -ed ecco l’innovazione della Chiesa di Francesco- “cruna d’ago”.

Il Sinodo ha, per così dire, ridisegnato il perimetro d’influenza dell’Istituzione Chiesa nel rapporto tra «Il Cielo» e il suo Popolo.

La Chiesa in quanto “scrigno” di una Parola che è Parola di libertà e di compassione, non può mai divenire setaccio, ostacolo o, peggio ancora, barriera.

Un passaggio cruciale che descrive la grandezza e la vitalità della Chiesa.

Ma anche un monito bruciante per un mondo politico come quello italiano troppo spesso prigioniero di ciechi ideologismi e totalmente incapace di “rigenerazione”.



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