Espansiva, eppure un po’ restrittiva. Con tagli alla spesa, ma in deficit. Con riduzioni di tasse, però anche con alcuni ritocchi all’insù nelle imposte. Giochi di prestigio o scommesse a rischio di bocciatura?
La Legge di stabilità continua a far discutere. Così c’è chi ora si trova concorde con quando detto a Formiche.net dall’economista Giuseppe Pennisi che ha definito un po’ dorotea la manovra messa a punto dal governo Renzi.
Affievolitesi nel frattempo le proteste delle Regioni, che secondo l’editorialista Stefano Cingolani avevano torto marcio nel lamentarsi dei tagli da 4 miliardi (qui il commento di Cingolani su Formiche.net), gli addetti ai lavori ora sono concentrati a scoprire che, oltre alla riduzione dell’Irap e alla detassazione per le assunzioni a tempo indeterminato, ci sono varie forme di aumento della tassazione. Già Giuliano Cazzola e Mino Rossi, due firme di Formiche.net, ne avevano scovate diverse. E sullo sfondo restano le critiche sulle impostazioni di fondo della manovra come sottolineate dall’economista Gustavo Piga, oltre le 4 pessime variabili che condizionano il lavoro dell’esecutivo, come rimarcato da Guido Salerno Aletta.
Oggi è il Corriere della Sera, in un articolo del giornalista Mario Sensini che segue da anni la finanza pubblica, a passare in rassegna le tassazioni più o meno nascoste nella Legge di stabilità.
Ecco alcuni dei passaggi salienti dell’analisi di Sensini:
Per la prima volta dopo tanti anni, è una legge di bilancio che dà più di quanto non toglie. Ma solo nell’immediato, perché lascia in eredità al futuro molte più tasse di quante non ne elimini oggi: 18 miliardi nel 2016, 24 nel 2017, 28 nel 2018. Almeno secondo quanto prevede il testo non ancora vidimato dalla Ragioneria generale e non ancora arrivato in Parlamento.
IRAP
Per le imprese ci sono forti incentivi alle assunzioni. Non si pagherà più l’Irap sulla componente lavoro, ma vengono annullate le riduzioni precedenti dell’aliquota. Con effetto, sembra di capire, già sull’anno di imposta corrente, il 2014. Lo sgravio, così, vale 4 miliardi, e premia soprattutto le imprese ad alta intensità di manodopera. Accanto c’è la decontribuzione per i nuovi assunti a tempo indeterminato, ma non c’è molta chiarezza sui costi. Un miliardo, aveva detto Renzi, forse più si dice oggi. Lo stanziamento, in ogni caso, coprirebbe 850 mila nuovi contratti, più o meno metà di quelli che si fanno di solito in un anno.
PARTITE IVA
Per le partite Iva viene esteso il cosiddetto regime dei minimi ad una platea più vasta, ma entro limiti di reddito più bassi e con l’aliquota passata dal 5 al 15%. La legge di Stabilità, poi, stanzia 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali, anche se per la Cig in deroga, nel 2013, si è speso quasi il doppio. E prevede l’opzione per il trasferimento del Tfr in busta paga. Soldi subito, anche a caro prezzo perché in molti casi si pagherebbero tasse più alte, e una pensione di scorta più leggera domani.
I TAGLI
Finché si tratta di dare, i problemi sono relativi. Molto meno quando si tratta di recuperare le risorse. La manovra prevede 6,1 miliardi di tagli alle amministrazioni centrali dello Stato, di cui 4 dai ministeri e 2 dalla riduzione delle cosiddette spese «a politiche invariate», dalle missioni di pace al 5 per mille, che ora vengono coperte strutturalmente. Ma spuntate.
MINISTERI
I ministeri dovrebbero approfittare della centralizzazione degli acquisti, ma 4 miliardi sono comunque una cifra enorme. Tagliare usando discrezionalità è stato sempre difficile e lo è ancor di più con il bilancio ridotto all’osso: il rischio, di nuovo, è che per ottenere il risultato si ripiombi sui tagli lineari, molti dei quali creano un rimbalzo della spesa negli anni successivi.
REGIONI ED ENTI LOCALI
I tagli agli enti locali sono egualmente pesanti (4 miliardi per le Regioni, 2,1 per i Comuni, 1 per le Province), ma con il Patto di Stabilità interno il rischio di non portarli a casa è basso. Come, d’altra parte, è elevato quello di un parallelo aumento delle tasse locali. Con sindaci e governatori non sarà facile arrivare a un’intesa. C’è la possibilità che la sforbiciata finisca per colpire anche la spesa sanitaria.
RECUPERO EVASIONE
La manovra prevede poi quasi 4 miliardi di recupero dall’evasione. È un punto critico, perché in passato queste cifre non venivano messe in bilancio come incasso sicuro, o a copertura di spese certe. Alcune misure danno un maggior gettito automatico, come il «reverse charge» sull’Iva (900 milioni), o il prelievo delle banche, a titolo di acconto, sui bonifici relativi alle fatture per le ristrutturazioni edilizie (altri 900). Meno sicuro è il gettito atteso da altre misure, dal nuovo ravvedimento operoso alla stretta sugli «split payments», cioè i pagamenti frazionati per ridurre l’imposta. Tanto che si affaccia la possibilità di sostituire queste coperture col classico aumento delle accise.
IVA E ACCISE
Per coprire le spese e per correggere il deficit, dopo un 2015 di pausa nel percorso di risanamento, la manovra prevede fin da ora un forte aumento dell’Iva e, ancora una volta, delle accise. E sconta tuttora una riduzione molto forte delle detrazioni Irpef. Nel 2016 l’aliquota Iva del 10% passerebbe al 12, poi al 13% nel 2017, mentre quella del 22 salirebbe prima al 24, poi al 25 e al 25,5% nel 2018.
IRPEF E DINTORNI
Nello stesso tempo si prevede un taglio delle detrazioni Irpef per 4 miliardi nel 2016, e 7 negli anni successivi. La manovra, per ora, ha solo scongiurato una parte del taglio degli sconti fiscali, quello che doveva scattare già quest’anno, poi rinviato al 2015, da 3 miliardi. Sul futuro, dunque, pende un fortissimo aumento delle imposte, quasi 20 miliardi nel 2015, e 30 nel 2018. Misure che potranno essere sempre sostituite da altri provvedimenti, come i tagli di spesa. Anche se a blindare la manovra, ora, ci sono più tasse di quelle che si riducono.