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PD, NCD e la strutturazione dell’area di Governo: il futuro non può attendere

Accadrà! Forse non adesso: periodo di forte disorientamento e di estrema fragilità e volatilità del sistema politico-istituizionale. Ma quando avverrà, non sarà mai troppo presto.

L’uscita della frangia sinistra dal PD è un atto di chiarezza che prima o poi l’elettorato “rosso” esigerà. Non se ne andranno – si rassereni il Prof. Cacciari – né i Bersani, né i D’Alema, né le Bindi, o le (furono) teste di serie. A fare le valige sarà la schiera più “incazzereccia” delle seconde o terze file. Parlamentari s’intende, ma anche sindacalisti, ideologi, guru e quant’altro (girotondi compresi) nei decenni si è prodotto a sinistra.

Renzi questo passo lo auspica (attivamente) da mesi: pubblicamente -da Segretario- non lo crede possibile, ma giorno dopo giorno lavora -da Presidente del Consiglio- per agevolarlo.

Il Premier ha molto chiaro che quell’esigua rissosa minoranza di “nudi e puri” rappresenta il vero ostacolo alla possibilità di attrarre a sé (o, più intelligentemente, alla maggioranza) quel grande bacino di voti moderati in uscita da Forza Italia ma anche dal Movimento 5 Stelle.

Dall’ M5S? Assolutamente sì! La platea di voti che, nel 2013, dal popolo delle libertà ha transitato verso il popolo dei “vaffa” rimanendo assai scottata e delusa, è a disposizione.

A disposizione soprattutto di Renzi ma anche dell’area di Governo. A due condizioni: che il PD si affretti a decidere quale ruolo giocare da grande. E che i partner di Governo, svincolati dall’angosciante quanto falsa «ideologia bipolare», si dimostrino finalmente all’altezza della sfida.

Non si tratta di rifare il centro: altra ansia disperante da “dinosauri” della politica.

Si tratta, piuttosto, di dare «dignità» di alleanza politica ad un progetto governativo che ha l’ambizione di rinnovare l’assetto istituzionale dell’Italia e rilanciarne economia e benessere.

E si tratta, assai più concretamente, di riconoscere in Renzi il leader non di un partito ma di un progetto politico e di una coalizione.

Quel bipolarismo tanto caro al prof. Orsina non esiste più (sempre che sia esistito). Con Renzi è rinata quell’ «area di Governo» culturalmente plurale (e per ciò stesso assai equilibrata) cara all’elettorato moderato che Berlusconi -nonostante i molti tentativi- non è mai riuscito a proporre per l’irriducibile dualismo, a destra, Lega-AN.

Questa è la novità dell’oggi. Che, se non percepita, valorizzata ed interpretata a dovere, rischierà di tramontare già domani.



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