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L’altra sinistra esce dall’oblio grazie a Critica liberale

Mossa felice, azzeccatissima, quella del direttore di Critica liberale, Enzo Marzo, nel riportare sulla scena, con il numero di luglio, l’altra sinistra, vale a dire quel brillante filone culturale e politico che indelebilmente ha caratterizzato il primo ‘900, con i suoi eteregonei protagonisti antifascisti e antistalinisti: prima Piero Gobetti e Carlo Rosselli, poi, IMPAGINATO COMPLETO 220:Layout 1nel numero di ottobre, Riccardo Lombardi, e a ruota, in quello di dicembre, Antonio Gramsci.

Un filone culturale e politico eretico che prese corpo e fisionomia con l’assassinio di Giacomo Matteotti e si sviluppò liberamente al di là dei partiti di massa (Pci, Psi, Dc), in movimenti più o meno organizzati (Giustizia e Libertà, il Partito d’Azione) avendo in un forte pensiero laico il minimo comun denominatore che rese possibile l’a-comunismo, vale a dire un’identità nè filo nè anticomunista.

Non ha vinto certamente allora tra la gente: se la storia si scrive, come è stata scritta, solo sul metro dei vincitori di giornata – vale a dire il catto-comunismo, l’alleanza di potenza Pci-Dc – delle greche di comando – vale a dire il fronte popolare, l’alleanza di subordinazione del Psi al Pci – e delle prebende  – vale a dire i premi Stalin per un verso, e la spartizione di potere insita nella Repubblica parlamentare dall’altro – è vero che Gobetti e Rosselli, Lombardi e Gramsci non hanno avuto l’egemonia culturale.

Se però si va oltre il dato nudo e crudo dei vincitori di giornata, non è affatto difficile cogliere l’evidente identicità tra i fallimenti e le sconfitte di questo filone culturale e politico con i fallimenti e le sconfitte sia di una sinistra a matrice prevalentemente catto-comunista: quella disegnata da Palmiro Togliatti con la via italiana al socialismo, poi da Enrico Berlinguer con il compromesso storico e oggi dal Pd nazional-popolare di Matteo Renzi, sia della democrazia in tutto il dopoguerra.

Allora ci si accorge, al di là di una storiografia costruita a tavolino, che i conti non tornano più. E che, per merito di Critica liberale, si può riprendere un discorso dato e ridato per concluso, saltando dalla rassegnazione allo status quo, cioè al sistema fondato sulla triade capitalismo, neoliberismo, pensiero religioso, a un’alternativa laica di società di liberi, uguali e diversi.

Averlo riportato sulla scena, al centro del dibattito, tra tanti smemorati e folgorati sulla via blairiana: cristiano, socialista, liberale, toglie questo filone culturale e politico e i suoi eclettici, eterogenei protagonisti da una pervicace cancellazione e dall’annichilimento del pur minimo frammento che possa non tanto ricordare ma solo accennare a quei valori di laicità, libertà e uguaglianza, che ne hanno tenuta viva fino ad oggi l’aspirazione a un socialismo libertario, liberale e al tempo stesso rivoluzionario.



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