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Il lato «b» dell’accordo di Palazzo Chigi

Finalmente l’agognato “papello” è pubblico. Renzi e Berlusconi sono d’accordo sull’impostazione di massima della nuova legge elettorale: sul premio di maggioranza con soglia al 40%, sull’introduzione del ballottaggio, sul “cauto” ritorno alle preferenze, sul capolista bloccato. Ma anche sui tempi di approvazione (al Senato entro dicembre, alla Camera entro febbraio) e, soprattutto, sulla durata del patto: 2018.

Ecco il fatto nuovo!  La rassicurazione richiesta (con garbata “minaccia” di dimissioni) ed offerta al Presidente della Repubblica: il Governo è al sicuro fino alla scadenza naturale della legislatura. Forza Italia lo garantirà! E Napolitano potrà dormire sogni tranquilli, al Quirinale (almeno per un altro bel po’).

            Con le dovute differenze, imposte dall’acuirsi delle difficoltà interne ai due partiti maggiori e suggerite dalla prospettiva sempre più concreta del Partito della Nazione (a trazione BR), l’altro ieri è rinato “il Governo di larghe intese”.

            Come capitò con Letta, Forza Italia si vedrà assai poco. Ma ci sarà, come testimonia l’apertura -non richiesta- sul nuovo Jobs act. Questo basta e questo conta per molti: per il Colle, ma anche per l’Europa, la BCE e il Fondo Monetario Internazionale.

            Insomma, a Palazzo Chigi più che un accordo sull’Italicum bis (ancora tutto da definire nei sui aspetti più ostici e cruciali, nonostante le esultanze piuttosto premature del Ministro Alfano) è stata sottoscritta, con tanto di tam tam mediatici, una sorta di “polizza assicurativa” per l’Italia (stabilità di Governo, riforme e politiche di rigore) da presentare ai tavoli che contano come contropartita ad indicatori economici alquanto preoccupanti.

              Polizza che potrebbe addirittura rafforzarsi nel 2018: anno del possibile lancio della Terza Repubblica con “quel cambio di assetto politico-istituzionale” assicurato (o minacciato) dal Premier e la materializzazione -complice la nuova legge elettorale- di quel partito del 51% o, più prudentemente, «a trazione maggioritaria», sognato dal Cav, inseguito dall’ex Sindaco di Roma, ed oggi in procinto di essere co-fondato dal capo del Governo.

            Realpolitik? Forse, certo è che dopo l’intesa di Palazzo Chigi le elezioni politiche e presidenziali sembrano essere uscite dall’agenda politica.

 



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