È morto nella notte fra il 21 ed il 22 novembre, a Roma — dov’era nato 98 anni fa — il cardinale Fiorenzo Angelini, presidente emerito del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari. Unico cardinale romano, era nato il 1° agosto 1916 nel rione Campo Marzio. Le esequie saranno celebrate lunedì 24 novembre, alle 15, nella basilica vaticana, dal cardinale decano Angelo Sodano. Al termine Papa Francesco, che proprio nella mattina di sabato 22 ha voluto ricordarlo durante l’udienza alla conferenza internazionale promossa dal Pontificio consiglio per gli operatori sanitari, presiederà i rito funebri finali.
Un cardinale al servizio degli infermi
Il Cardinale Fiorenzo Angelini era nato nel cuore della vecchia Roma, nel quartiere di Campo Marzio, nel 1916, durante la “Grande Guerra”. Ultimate le scuole primarie entrò nel Pontificio Seminario Romano minore per gli studi ginnasiali e liceali. Furono questi gli anni in cui maturò la sua vocazione sacerdotale. Ordinato sacerdote il 3 febbraio 1940, fu presto nominato alla dignità vescovile occupandosi della pastorale sanitaria di Roma, fin dal giugno del 1956. Da quell’anno cominciò anche ad occuparsi dell’Assistenza spirituale nelle cliniche e negli ospedali della città, divenendo nel 1959 Assistente Ecclesiastico Nazionale dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, di cui fu fondatore e per lungo tempo presidente il prof. Luigi Gedda (1902-2000). In virtù delle esperienze acquisite nel campo della cura e della salute, al Concilio Ecumenico Vaticano II Angelini fu proponente dell’attuale liturgia del Sacramento dell’Unzione per gli Infermi.
L’11 febbraio del 1985 fu nominato da Giovanni Paolo II Pro-Presidente della Pontificia Commissione per la Pastorale degli Operatori Sanitari e promosso Arcivescovo. Nel 1988 divenne Presidente della medesima Commissione, trasformata con la riforma della Curia romana in Pontificio Consiglio per la pastorale degli Operatori Sanitari, funzione che esercitò fino al dicembre del 1996. Angelini è stato elevato alla porpora cardinalizia dallo stesso papa Giovanni Paolo II, nel Concistoro del 28 giugno 1991, e gli fu affidato il Titolo di diacono di S. Spirito in Sassia, antica chiesa romana tradizionalmente legata all’ospedale di Santo Spirito fin dalla sua fondazione.
Autore di oltre quattrocento pubblicazioni su argomenti di etica medica, di assistenza socio-sanitaria e religiosa tra le corsie degli ospedali, ha fondato innumerevoli opere sanitarie nei Paesi del Terzo Mondo ottenendo una lunga serie di alti riconoscimenti. Quasi a coronamento della sua lunga attività nel campo dell’assistenza, nel luglio 1991 ha preso avvio la realizzazione di un grande centro sanitario, con annesso ambulatorio polispecialistico, nella città di Mosca, che ultimato è oggi affidato alla locale diocesi.
Una storia sacerdotale all’insegna di Papa Pacelli
La storia “sacerdotale” del Cardinal Angelini è stata, come visto, legata singolarmente alla figura del Venerabile Pio XII. Alla fine del conflitto mondiale, l’allora giovane prete romano fu infatti inviato dalla diocesi del Papa ad aiutare il parroco di San Michele Arcangelo, una parrocchia dell’estrema periferia, nel quartiere di Pietralata, dove più dure si mostravano le conseguenze della guerra. Lì c’era infatti bisogno di tutto e nessuno era in grado di fornire il minimo di assistenza. Don Angelini si rimboccò allora le maniche e, per venire incontro alle esigenze della sua gente, incanalò le varie attività di soccorso in un “Segretariato di Assistenza al popolo”.
Nelle file dell’Azione Cattolica Italiana di Gedda
Il suo notevole impegno sociale non passò inosservato, tanto che fin dal 1945, fu chiamato per volere di Papa Pacelli ad Assistente Ecclesiastico Nazionale degli Uomini di Azione Cattolica. Il momento più esaltante di questo suo incarico lo visse nel 1947, quando con il Professor Gedda organizzò quella che al tempo fu definita «la più grande adunata di popolo»: portò infatti duecentocinquantamila uomini di Azione Cattolica in Piazza San Pietro per un grande incontro con Pio XII. Fu la prova generale per lo storico raduno del 18 aprile del 1948. Alla guida spirituale degli uomini di Azione Cattolica restò sino al 1959.
Il libro “La mia strada”
Di questi anni così importanti per la storia della Chiesa e dell’Italia uscita dalla guerra il cardinale ci parla in un libro autobiografico uscito nel 2004 per la Rizzoli (La mia strada, con una Presentazione di Andrea Riccardi, pp. 391, euro 19), che è la testimonianza diretta del percorso tracciato da un servitore della Chiesa che ha conosciuto da vicino e collaborato strettamente con cinque pontefici, da Pio XI a Giovanni Paolo II. Gli abbiamo così rivolto nei suoi uffici di via della Conciliazione sede dell’Istituto Internazionale di Ricerca sul Volto di Cristo, da lui fondato nel 1997 e per il quale si è speso generosamente fino agli ultimi anni della sua vita.
Il ricordo di Padre Lombardi
In occasione di un incontro avuto a Roma, il 2 novembre 2005, presso la sede della Congregazione Benedettina delle Suore Riparatrici del Santo Volto in via della Conciliazione, nel quale mi consegnò la Prefazione al mio libro Identità cattolica e anticomunismo nell’Italia del dopoguerra. La figura e l’opera di mons. Roberto Ronca (D’Ettoris Editori, Crotone 2008, pp. 244), gli rivolsi una domanda su un grande protagonista della “Chiesa pacelliana”, il gesuita padre Riccardo Lombardi, del quale mi parlò come di «un grandissimo personaggio, l’uomo di un Papa, Pio XII, che se ne è avvalso per ottenere delle finalità, degli scopi precisi, e padre Lombardi è riuscito a catalizzare nelle sue attività l’attenzione del mondo intero. Basti pensare che almeno la metà dei padri che parteciparono al Concilio Vaticano II sono passati per il suo “Centro per un Mondo Migliore” in Rocca di Papa, a prendere ispirazione per quello che avrebbero fatto nei lavori conciliari. Anche se il gesuita fu poi quasi messo da parte nel prosieguo del pontificato di Giovanni XXIII, in seguito ad un articolo che sembrò sconfessarlo uscito sull’Osservatore Romano».
La persona cui il Card. Angelini deve di più? Così mi rispose nell’intervista: «Le persone che dovrei ricordare sono tante, ma innanzitutto il mio pensiero va al grande papa che mi ha fatto prete e vescovo, cioè Pio XII. Io mi sento e mi sentirò sempre orgoglioso di essere un prete e un vescovo “di Pio XII”. Ed a questo proposito ci tengo a dire che le difficoltà che ancora sono accampate per la sua beatificazione non sorgono certo a mio avviso da chissà quali motivi, per ammirarne infatti la spiritualità e le virtù occorrerebbe solo conoscerne a fondo la vita e le opere. Poi sento di dover tributare la mia riconoscenza a Giovanni Paolo II, che mi ha stimato e creato cardinale. Dopo cinquant’anni di servizio pastorale desidero infine ricordare tutti quei laici, da cui ho imparato tantissimo, che ho sempre frequentato tanto fin da quando ho avuto la possibilità di operare in parrocchia. Laici noti come Renato Guttuso, o Giuseppe Capogrossi, ma anche molte persone semplici e ricche d’insegnamenti ed umanità. Anche per questo amo tanto la parrocchia, e sono convinto che il sacerdote è veramente tale soprattutto quando è in mezzo alla gente».