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Unicredit, Intesa, Mps. Perché i banchieri sbagliano sul contratto Abi. Parla Sileoni (Fabi)

“Siamo anacronistici perché difendiamo il lavoro e perché non abbiamo subìto gli scandali e i processi che hanno subìto loro, siamo convintamente anacronistici”. Così Lando Sileoni, leader della Fabi, risponde su Formiche.net alle accuse di Alessandro Profumo. “I sindacati sono anacronistici”, aveva detto come rappresentante dell’Abi presieduta da Antonio Patuelli per commentare le prese di posizione dei rappresentanti dei lavoratori che hanno abbandonato il tavolo delle trattative sul contratto dei bancari. “Ho sentito che in un’intervista successiva – continua Sileoni – Profumo ha anche dichiarato che non è escluso che potremmo rimanere senza contratto. Un’affermazione singolare, soprattutto perché senza contratto non avrebbe senso di esistere neppure Abi. Una posizione poco lungimirante, diciamo così”.

LE CRITICHE DELLA FABI

Sileoni giudica inaccettabile invece la proposta di contratto portata dall’Abi, quella proposta che ha fatto sì che le sigle sindacali lasciassero il tavolo delle trattative nel giro di un’ora il 25 novembre. “Ci sono tre situazioni rilevanti non solo a livello contrattuale ma politico – continua il leader della Fabi – Le banche lamentano che la dinamica del costo del lavoro non è più gestibile e la vogliono interrompere con il blocco strutturale del pagamento di alcune voci del Tfr e degli scatti di anzianità. Per loro questo è un vantaggio economico. L’ammontare di questo risparmio varia da azienda ad azienda, tra i 2700 e i 3000 euro ogni tre anni per lavoratore. Il vantaggio è maggiore per le banche con più dipendenti, leggi UniCredit”. Un blocco che Sileoni definisce politico: “Succede che all’improvviso loro vorrebbero non pagare più certe voci nello stipendio. E a fronte di questo hanno offerto la rivalutazione dell’1,85% rispetto all’inflazione, contro il nostro 6,05%. La perdita per il lavoratore con la sterilizzazione del Tfr e il blocco degli scatti vale il 2%: dovremmo in sostanza rinnovare un contratto dove i lavoratori pagano di tasca propria. Non è accettabile”.

IL TAGLIO DEGLI STIPENDI

Anche perché “loro” – dice Sileoni riferendosi all’associazione bancaria – occultano una questione politica dietro l’etichetta del taglio dei costi: “Vogliono rivedere il meccanismo della dinamica del costo dei lavoratori – continua Sileoni – Nel 2012 avevamo rinnovato il Ccnl partendo da compensazioni concordate che toccavano scatti e Tfr ma erano limitati alla durata del contratto stesso. In quel caso abbiamo trovato un accordo pur di rinnovare il contratto e abbiamo scelto di aiutare le banche in crisi. Ma questa cosa non può diventare strutturale”. Soluzioni alternative ci sono, ma vanno limitate al periodo di tre anni di validità del contratto e soprattutto il sindacato non le svelerà finché l’Abi non rimuoverà la pregiudiziale, conditio sine qua non per tornare seduti al tavolo delle contrattazioni. E in gioco non c’è solo la perdita economica di circa 309mila lavoratori.

LA QUESTIONE SOCIALE

“C’è una rilevante questione sociale – prosegue Sileoni – all’interno del Ccnl esiste uno strumento, l’area contrattuale, che ci permette di gestire, garantendo i lavoratori, crisi aziendali, ristrutturazioni e piani industriali. Loro vorrebbero una deregulation selvaggia dell’area contrattuale, che ci ha permesso di gestire ad esempio le esternalizzazioni, tipo quella di Mps di un anno e mezzo fa. Con l’area contrattuale i lavoratori conservano il contratto bancari anche se cambiano settore venendo esternalizzati. Conservano cioè le tutele. Le banche invece vogliono mano libera con la motivazione che una volta effettuati gli stress test ripartiranno le aggregazioni e per ogni azienda diventerà molto difficile mantenere i livelli occupazionali attuali”. Mano libera sui licenziamenti, per farla semplice, mano libera sul modello di banca, e sulla struttura degli stipendi. Troppo per chi tutela i lavoratori.

LE PROPOSTE DI SILEONI

“Abbiamo fatto diverse proposte – spiega Sileoni – sul modello di banca vorremmo recuperare nuove professioni nel campo della consulenza e superare la figura del bancario venditore: loro sostengono che ogni azienda deve organizzare il lavoro da sé in base alle proprie peculiarità. Che ha anche senso, ma di fatto ci taglia fuori. Modello di banca, parte economica, parte sociale: i temi sul tavolo sono molteplici. Se non abbiamo spiragli dove infilarci non possiamo continuare la trattativa e quindi dal 15 dicembre procederemo con assemblee e lo sciopero ci sarà da metà gennaio, così avanti solo perché la legge ci impedisce di fermare i servizi bancari a ridosso della fine di anno”. La guerra è iniziata e i sindacati, appare evidente, non hanno voglia di cedere.



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