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Ecco tutti gli incubi economici di Putin

Continua il crollo del petrolio e a soffrirne, per primi, sono i russi e il rublo. La svalutazione della moneta russa è arrivata ai massimi storici: ieri il cambio è stato di 53,9 rubli per un dollaro. Il governo di Vladimir Putin lo aveva previsto: le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e l’Occidente durante la crisi ucraina avrebbero colpito gli indici di crescita. Ma la situazione è più drammatica di quanto si poteva prevedere.

IL FANTASMA DELLA RECESSIONE

Il ministro dello Sviluppo economico, Alexei Uljukaev, ha dovuto ammettere che probabilmente l’anno prossimo la Russia entrerà in recessione: il 1,2% del Pil con una contrazione di -0.8% durante il 2015. Gli stipendi cadranno del 3,9% di fronte ad un aumento esponenziale del costo della vita. In un servizio economico di RBC, il rappresentante del ministero delle Finanze, Maksim Oreshkin, aveva avvertito che se il prezzo del petrolio scendeva a 60 dollari per barile (ieri ha toccato la soglia di 66 dollari), il Pil della Russia si sarebbe ridotto dal 3,5% al 4%.

LE SANZIONI DI PUTIN

E Vladimir Putin? Intanto, ha bloccato il progetto del gasdotto verso l’Europa South Stream e pensa ad altre punizioni per chi le blocca le mani. Il presidente russo ci aveva pensato prima, insistendo per ottenere da esperti ed economista una proposta di riforma del sistema economico diversa alla monoproduzione petrolifera. Il greggio regge circa il 30% dell’economia e in una situazione come questa, con l’Opec che si rifiuta di tagliare la produzione per aumentare il prezzo, la crisi è alle porte.

INDUSTRIA DIPENDENTE

Il 51% dei consumi russi sono soddisfatti dall’importazione. L’industria manifatturiera è vecchia e disfunzionale, l’agricoltura è stata da anni trascurata. Sono gli investimenti stranieri a tenere in vita la produzione interna con nuove tecnologie e assistenza. Ma questo aiuto sta sfuggendo perché c’è una massiccia fuga di capitali privati. L’inflazione è alle stelle, circa l’8%, e promette continuare ad aumentare.

DISAGI TANGIBILI

Gli incubi economici di Putin non solo riguardano gli indici macroeconomici ma ora influiscono la realtà dei cittadini. Gli alimenti ancora si trovano ma sono pochi e molto più costosi. Secondo un reportage del quotidiano El Pais, le arance spagnole e le mele polacche sono scomparse dai supermercati per dare spazio a prodotti senza luogo di provenienza. Le uve italiane sono state sostituite da quelle dello Uzbekistan. Il grano sarraceno, popolare nella colazione russa, non si trova più. Diversi marchi di abbigliamento di lusso hanno dovuto chiudere i battenti a Mosca.

COSA PENSANO I RUSSI

Un sondaggio del centro Levada indica che per il 45% dei russi la crisi economica è dovuta alla caduta del prezzo del petrolio. Il 33% dà la colpa alle sanzioni occidentali e il 30% alle nuove spese per l’adesione della Crimea e il sostegno agli indipendentisti di Donetsk e Lugansk. Solo il 26% crede che il problema è la corruzione. L’ 80% non è ottimista e pensa che la situazione peggiorerà e il 61% non ha risparmi per affrontare la crisi. Di quelli che ce l’hanno, l’80% è in rubli, il 7% in dollari e il 3% in euro.

IL BIVIO

Putin ha dovuto firmare un decreto che sospende gli aumenti di stipendio per i funzionari pubblici. Una mossa impopolare, visto che erano abituati per provvedimento a questa modifica annuale. Fabrizio Dragosei, sul Corriere della sera di oggi, ha scritto che Putin a un certo punto dovrà prendere una decisione cruciale. Se concederà aumenti per compensare la perdita di valore dei salari e delle pensioni, conserverà la pace sociale e rimarrà popolare. Ma gli aumenti potranno innescare una spirale inflazionistica assai pericolosa, soprattutto in una fase di recessione”. “Se invece mantenesse fermi salari e pensioni – continua l’editorialista -, lo scontento crescerebbe e questo forse ridarebbe fiato all’opposizione”.



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