Vagava nella Piazza, quella del cavallo e delle due Chiese. Era sovraeccitato perché lei era lì, a pochi isolati. Camminava, tagliando la Piazza, per far prima. E faceva passi che erano salti. Negli occhi che oscillavano appresso alla fretta del passo si sfocavano tutte le luci della notte. Tutto lo eccitava. Suoni, odori, rumori. Perfino quei piccoli ovini di cui avevano assunto le sembianze i cumuli grigi e cupi dei giorni precedenti. E, poi, tutto il gioco dei riverberi delle Luci d’Artista tra le irregolarità della strada. Tra le gobbe e gli incavi dei mattoni di pietra l’acqua delle piogge abbondanti faceva da specchio al moltiplicarsi dei riflessi di luci. Quelle artificiali della mente creativa e quelle, assai più luminose, della mente Creatrice che finalmente apparivano al diradarsi delle nuvole. La Mole, eccitata pure lei, giocava a far pulizie in cielo infilzando a una a una con la sua guglia quegli ovini di nuvole.
Superata la piazza, s’infilò in una stradina che lo portò davanti alla porta da cui lei, a momenti, sarebbe uscita. Attese. Il vociare di sottofondo di quel venerdì sera s’interruppe di colpo. Un giovane sullo scooter, che gli stava passando davanti, rimase immobile con scolpito sul viso un sorriso tra il grottesco e il sinistro. Una bellissima signora, non più giovanissima, avvolta in un lungo impermeabile che lasciava intravedere solo due vertiginosissimi tacchi, rimase a mezz’aria nel balzo che superava una pozzanghera. E quel balzo che era tutto un’estetica aveva catturato gli occhi di un tale in cappotto e bastone che dall’altra parte del marciapiede fissava la scena mentre le guance si prosciugavano d’aria nella profonda tirata al sigaro cupidamente sprofondato tra due folti mustazzi.
La porta si schiuse e lei uscì. Lui la baciò prima di qualunque parola. E tutto tornò a girare.
Lui, lei, la Mole
Di