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Fidelio e i giovani

Bastano le foto per mostrare come all’anteprima del 4 dicembre riservato ai giovani al di sotto dei trent’anni, il pubblico abbia comprese e gradito “Fidelio ovvero L’amore coniugale” è la sola opera di Ludwig van Beethoven.

L’opera basata su una “pièce au sauvatage” (“dramma teatrale con finale alla ), genere consueto, specialmente in Francia, nel periodo tra rivoluzione francese e Direttorio. Racconta di Leonore , che nella Spagna settecentesca, si traveste da ragazzo per farsi assumere come secondino dal carceriere Rocco al fine di salvare il proprio marito Florestano, preda di un crudele signorotto di provincia, Pizzarro, di cui Florestano ha denunciato i delitti. Le belle fattezze di Leonore-Fidelio attirano l’attenzione della figlia di Rocco, Marzelline , facendone inalberare il fidanzato Jaquino. Il salvataggio arriva mentre Pizzarro sta per uccidere Florestano sia perché Leonore estrae una pistola dal corsetto sia grazie al provvidenziale arrivo del messo del Re. Vicenda banale – già messa in musica da altri – prima che Beethoven la prendesse come spunto per la sua opera per il teatro (ne aveva tentato un’altra senza portarla a compimento).

Un lavoro travagliato, durato 12 anni che ha portato a tre edizioni differenti (la prima versione sarà in scena tra poche settimane a Bologna) nell’arco di 12 anni, rattristati dai clamorosi insuccessi delle prime due edizioni. Non ha condotto ad un nuovo stile – ciò sarebbe avvenuto qualche anno più tardi con “Il franco tiratore” di Weber ed “Il vampiro” di Marschner – ma un tentativo, colmo di difetti tecnici (pur nella versione definitiva) eppur diventato un capolavoro e giustamente ritenuto tale.

Per decenni, tuttavia, specialmente in Italia, le letture sceniche di “Fidelio” hanno presentato interpretazioni “politicamente corrette” che spostavano l’attenzione dal tema di fondo – l’eroismo di Leonore alimentato da “Die eheliche Liebe”, “l’amore coniugale” – all’esaltazione della libertà contro la tirannide. Nè Nicolas Bouilly, autore della “pièce à sauvetage”, nè J.F. Sonnleithner e G.F. Treitschke, a cui si deve l’insulso libretto, avevano lo spirito di Vittorio Alfieri. Né, tanto meno, Beethoven intendeva comporre un’opera contro il potere costituito. Nell’opera il “salvataggio”, compiuto da Leonore, viene ratificato da un “dittatore benevolo”; la punizione è per un tirannello sadicotto di provincia che ha trasgredito, per l’appunto, le regole della imperiale benevolenza. Lo documenta il monumentale “Beethoven” (1400 pagine) di Piero Buscaroli e l’inteso carteggio che accompagnò la tormentata lavorazione dell’opera. I giovani hanno compreso che l’opera è un inno all’amore ed alla libertà, un binomio che va sempre insieme.


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