Nuova doccia fredda per il Made in la cui discussione è stata rimandata al 2015, ovvero fuori dal perimetro della presidenza italiana dell’Unione Europea (che scade il prossimo 31 dicembre e da gennaio l’Italia passerà il testimone alla Lettonia) e che rischia di nuovo di soccombere sotto il veto dei Paesi del nord Europa. Niente di fatto quindi nel Consiglio competitività Ue che si è riunito ieri a Bruxelles e dove Confindustria e le diverse associazioni di settore speravano in un confronto proficuo con le lobby del nord Europa e in una prova di forza da parte dell’Italia.
Nel corso della conferenza stampa il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi che presiedeva il consiglio di ieri, ha annunciato la decisione di attendere gli esiti dello studio d’impatto sui costi dell’introduzione della normativa di cui è stata incaricata lo scorso settembre la Commissione Ue atteso per i primi mesi del 2015. “Non siamo riusciti a trovare una mediazione – ha dichiarato il ministro – perché diversi paesi, tra cui la Germania, non hanno una visione comune”. Un possibile compromesso, ha detto il ministro Guidi, potrebbe riguardare «la perimetrazione del campo di applicazione», eventuali «clausole di revisione» o «criteri alternativi» per precisare l’origine di un prodotto. Se a livello istituzionale questa rappresenta l’unica opzione per raggiungere una soluzione al problema, di diverso avviso è invece Confindustria che ha accusato il ministro e il generale il governo Renzi di essersi mossi in ritardo e senza una strategia vincente.