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Cari Renzi e Salvini, quando finisce il tempo delle favole?

Il commento è stato pubblicato oggi dalla Gazzetta di Parma

La coincidenza non poteva essere più significativa, e stavolta c’entrano poco le riforme all’esame del Parlamento con la contestuale corsa di candidati, presunti o desunti, già partita per il Quirinale. C’entra, invece, la conferma di Matteo Renzi quale leader incontrastato nel Pd, oltre che presidente del Consiglio molto in sella nel Paese, proprio mentre arrivano le scadenze della Tasi, dell’Imu, dell’Iva e delle altre celebri sigle che per i cittadini paganti si riassumono in una sola e sempre più odiosa realtà: più tasse per tutti.

Lui, Matteo Renzi il vincitore, non ha più avversari che lo possano sgambettare nel partito, né oppositori che lo possano rovesciare nelle Camere o nelle piazze. Può, dunque, provare a governare al meglio delle sue capacità. Ma ha un’insidia più temibile dei dissenzienti costretti a nascondersi nell’ombra, e dei capi delle altre forze politiche che non riescono a fargli ombra: il nemico dell’economia. Un nemico serio e pericoloso, perché colpisce la vita quotidiana degli italiani. E poco importa della simpatia o meno che il giovane fiorentino sa suscitare col suo modo di comunicare, lontano dai bizantinismi sia della vecchia politica, sia dalla nuova quando si traveste di demagogia. Tipo l’idea del leader leghista, Matteo Salvini – altro giovanotto che va per la maggiore nelle file dell’opposizione -, di creare un’aliquota unica al quindici per cento per tutti i contribuenti. Bellissima, la favola.

Ben altri sono i sentimenti dei cittadini che il premier farebbe male a sottovalutare e che non dipendono dalla sua personalità, bensì dalla crisi infinita, dalla luce in fondo al tunnel che non s’accende, dai numeri sull’occupazione, la produzione e l’esportazione che fotografano un’Italia per niente scossa dallo scossone-Renzi.

Per quanto il presidente del Consiglio si muova e annunci, la società ancora non coglie il senso di un cambiamento di marcia. O, almeno, di una marcia: basterebbe. Perché la gente è pronta ai sacrifici, ma ogni limite ha una pazienza, diceva Totò. Mentre si dissanguono d’imposte, gli italiani vorrebbero avere la sensazione non già di stare solamente pagando i vecchi debiti creati e accumulati da classi dirigenti imprevidenti e improvvide, ma anche di investire sul futuro. Di contribuire a una svolta, ecco, anziché immolarsi dentro il solito pozzo senza fine che ogni governo giura che sarà l’ultimo, e sempre dall’ultimo si ricomincia.

Naturalmente, nell’Unione europea la crisi italiana non è solo italiana. Ma adesso Matteo Renzi ha tutto il consenso necessario nel partito, nella maggioranza, nel Paese per far valere il punto di vista dell’Italia. Non ci sono più alibi, attese, avversari dietro l’angolo: nessuno ha oggi la forza politica o l’interesse nazionale a ostacolarlo.

Per Renzi, allora, è arrivato il momento di osare a Roma e a Bruxelles. L’Italia val bene un’Olimpiade e molto di più ancora, se è la crescita, come dev’essere, l’obiettivo strategico. La statura politica del presidente del Consiglio non si misurerà sui tanti consensi appena riconquistati all’Assemblea del Pd, né sui voti, moltissimi, a suo tempo raccolti alle europee. Si misurerà sulla sua capacità di far ripartire la locomotiva-Italia.

Economia, il nemico che non perdona.

f.guiglia@tiscali.it

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