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Uno, tutta una vita, e poi lo spirito critico?

E poi, intorno è tutto un normalizzare. Un continuo incasellare, omogeneizzare, categorizzare. Fare gregge. Uno fatica, studia, pensa, legge, scrive. Uno cerca in tutti i modi, malgrado la famiglia, il catechismo, la scuola, il lavoro, le mode, i trends, i media, malgrado tutta la cappa di sovrastrutture che allungano le loro ossute mani addosso al tuo spirito costringendolo verso l’ovile del conformismo, di sviluppare un proprio punto di vista originale e incondizionato. Il risultato, però, è che tutt’intorno prevale il fare massa, il dissolversi tra le folle al laccio del vincitore. Quello effimero del momento. Che guida, pontifica, procede per slogan. Che sbocconcella come l’istruttore di scuola guida, come il parroco di paese al catechismo. Con un approccio paternalistico, convergente alla mediocrità eletta a variabile di sistema, quello delle maestre a scuola – Devo fare in modo che mi segua tutta la classe – . Il fatto è che lo spirito critico non è d’obbligo. Tant’é.



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