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2014, un anno che non ha cambiato verso

Meno undici giorni alla fine del disastroso 2014 e sentiamo un baldanzoso Paolo Gentiloni, attuale Ministro degli esteri nonché candidato inutilmente al Quirinale, che intervistato dalla brava Monica Maggioni afferma: “Ce la facciamo e alla grande!”. Nessuna pietà e rispetto per le italiane e gli italiani! Con un 2014 con un calo del Pil di mezzo punto – il che porta a oltre il 10% la perdita di ricchezza nei 28 trimestri trascorsi da inizio 2008, di cui 17 con il segno meno – con un quarto della capacità produttiva andata distrutta e con la disoccupazione (se si considera anche la cassa integrazione) al 14,2%, pari a 8,6 milioni di persone a cui manca totalmente o parzialmente il lavoro.

Non abbiamo per niente sistemato i nostri conti pubblici – nonostante i sacrifici che l’Europa ci ha imposto – poiché il debito pubblico, vera palla al piede del nostro sistema economico, è aumentato sia in valore assoluto (a ottobre era a 2.157,5 miliardi, oltre 11 sotto il record storico di 2.168,75 miliardi toccato a giugno ma ben 90 in più di dicembre 2013 e 168 in più di fine 2012), sia in rapporto al Pil (oggi è al 133%, un anno fa, con Letta a Palazzo Chigi, era al 128%). Un debito mastodontico, che certo non si svuota con il “cucchiaino” degli avanzi primari. Gentiloni pensi a tirare fuori dalla tragedia i nostri Marò e a difendere così l’onore dei nostri militari, anziché affermare bugie a cielo aperto!

Abbiamo sperato fino ad oggi che ci fosse un’inversione di marcia e che il temerario Renzi ce la potesse fare, e abbiamo dato sempre e comunque suggerimenti e istruzioni per l’uso del buonsenso. Se le cose vanno così è anche colpa nostra. Abbiamo creduto che la voglia di battersi e l’entusiasmo di alcune idee e proposte potessero reggere il peso di una idea del Paese non fondata sui contenuti e condotta in un clima di errata rassegnazione e disperazione. E al rendiconto di fine anno, l’assenza di struttura organizzativa e di mezzi gioca un ruolo decisivo. Ma noi andiamo avanti. Abbiamo la colpa di aver voluto rispettare la regola del rispetto alle istituzioni, senza fare sgarbati editoriali e arroganti iniziative. Abbiamo la colpa di non avere accettato aiuti che ci avrebbero snaturato, o di avere pagato per avere consensi.

Ed è una colpa che portiamo con orgoglio. Abbiamo la colpa di avere creduto che l’esigenza del cambiamento fosse largamente sentita, con la colpa aggiuntiva di avere sfidato quanti usano i denari della politica per pagare la permanenza in politica. I molti che c’incoraggiano riservatamente, tacciono rassegnati pubblicamente. Abbiamo avuto la colpa, quindi, di credere che avremmo potuto farcela a farci ascoltare. Pecchiamo di dilettantismo? No, la battaglia delle idee e delle proposte che abbiamo impostato era e resta giusta. Il lavoro che abbiamo svolto sui temi specifici, elaborando proposte concrete, resta l’incarnazione delle nostre convinzioni e un dovere nei confronti dell’Italia e delle italiane. Per questa ragione, la nostra passione e il nostro impegno continuano.

Nell’esposizione di come il futuro potrebbe essere diverso, se solo una migliore classe dirigente fosse retta da maggiore consapevolezza collettiva. Sappiamo bene di essere esposte ed esposti al senso del dovere. Lo stesso che ci porta a continuare. Buon Natale a Tutte e Tutti noi Italiane e Italiani. “Sapevamo bene di non essere candidati alla vittoria, naturalmente. C’eravamo esposti per senso del dovere. Lo stesso che ci porta a continuare”.



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