Grazie all’autorizzazione del gruppo Class e dell’autore, pubblichiamo un commento di Domenico Cacopardo uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi
Probabilmente, Paolo Gentiloni si sta ancora domandando chi gliel’ha fatto fare di prendere, senza beneficio d’inventario, la pesante eredità di Federica Mogherini, il ministro degli esteri promosso in Europa per manifesta incapacità in Italia. Accantoniamo per oggi il grave «dossier» Russia, nel quale la predetta è saputa passare da una posizione filo-russa a una antirussa e sanzionistica con la disinvoltura di chi non si rende conto della natura del gioco che sta giocando e di quanto alta sia la posta.
Il disastro finanziario che sta vivendo Mosca non deve indurci alla soddisfazione o all’ottimismo, ma alla preoccupazione e al timore che qualche scriteriato governante aggravi la tensione per ottenere un successo completo o per rompere l’assedio. I pesi piuma al potere (si fa per dire) a Bruxelles non possono in alcun modo attenuare le preoccupazioni.
Sembra un paradosso, ma la questione più scottante ereditata da Gentiloni riguarda i due marò in attesa di processo da parte indiana. Uno di essi, Salvatore Girone, è ancora ostaggio del Paese asiatico, in cerca di un’affermazione politica, piuttosto che di giustizia. Dal 12 febbraio 2012, giorno dell’incidente, sono trascorsi 1.039 giorni e nessun passo avanti è stato compiuto verso la chiusura della posizione di Massimiliano Latorre (in convalescenza in Italia) e Salvatore Girone, accusati di omicidio mentre erano in servizio antipirati su un mercantile italiano, il Lexie.
Per la precisione, occorre ricordare che il Lexie, pur navigando in acque internazionali e non avendo alcun obbligo di obbedienza agli ordini di uno Stato senza giurisdizione su di esso, eseguì l’ordine della Guardia costiera indiana e si diresse verso il porto di Kochi. Qui avviene l’arresto dei nostri militari, un arresto tecnicamente illegale, anche se disposto dall’autorità giudiziaria del luogo.
Occorre altresì rammentare che il comandante della Lexie, aderendo all’ordine della Guardia costiera, compì quello che si chiama un «atto libero», nel senso che era nella sua disponibilità eseguirlo o non eseguirlo.
Per questo, per avere cioè rinunciato ai diritti conferitigli dalle norme internazionali per il naviglio fuori da acque territoriali, avrebbe dovuto essere sottoposto agli accertamenti previsti dal codice della Navigazione (a cura del circondario marittimo d’iscrizione). Ma così non è stato e le responsabilità, anche economiche, della compagnia armatrice non sono state evocate, nell’idea, solo parzialmente corretta, che trattandosi di personale militare, tutti i problemi insorti siano di competenza della Marina Militare Italiana.
Il governo Monti ha la maggiore responsabilità di quanto accaduto, giacché, avendo ottenuto il rilascio, per licenza, dei marò, li ha costretti a rientrare in India, sotto la spinta degli interessi commerciali in essere e «in fieri», che una rottura avrebbe compromesso. La decisione, non condivisa, provocò le dimissioni del ministro degli esteri «pro-tempore» Giulio Terzi. Con Enrico Letta iniziò il tentativo di ottenere il rilascio definitivo di Latorre e Girone per via diplomatica. Il compito fu affidato a Staffan De Mistura, personalità di collaudato prestigio internazionale per gli incarichi svolti per le Nazioni Unite, oggi impegnato, proprio per l’Onu, in Ucraina. La missione di De Mistura si svolse senza visibili risultati sino all’arrivo di Renzi che lo rimosse senza una parola di ringraziamento e annunciò che il caso sarebbe stato trattato direttamente dal ministero degli esteri.
Siamo alla fine del 2014 e registriamo il fatto, inaudito, che la Corte suprema indiana, per la ragione che non è stato ancora definito il capo d’imputazione («Allorché le indagini non si sono concluse e i capi d’accusa non sono stati presentati – ha osservato il presidente della Corte- come posso io concedere l’autorizzazione richiesta dagli imputati?»), ha negato il suo consenso al proseguimento delle cure in Italia per Latorre, colpito da ictus in India e respinto la domanda di Girone di un permesso per trascorrere le festività di fine anno a casa sua.
La motivazione espressa avrebbe spinto qualsiasi operatore di giustizia dotato di logica ad accordare il permesso, non a negarlo. Inoltre, si tratta di una grave, inaccettabile dichiarazione di incapacità, visto che dai fatti sono trascorsi oltre due anni e mezzo e che le autorità di polizia indiane hanno avuto tutto il tempo occorrente per svolgere le indagini del caso.
Rimane un ultimo interrogativo. Perché i vari governi italiani non hanno dato il via all’arbitrato internazionale, frettolosamente annunciato da Federica Mogherini? Si è detto che la nostra Alta rappresentante per la politica estera europea avrebbe potuto svolgere un’azione più efficace nel nuovo ruolo comunitario. Si è visto con quali risultati. Si è detto che Renzi aveva costruito rapporti amichevoli con Narendra Modi, il primo ministro indiano.
Si è visto con quali risultati. Infierire ulteriormente non serve. Non abbiamo a disposizione altro strumento che l’arbitrato di cui s’è parlato. L’onorevole Gentiloni, se c’è, batta un colpo: questo.