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Legge di stabilità 2015 deludente: promesse mancate, rinvii, contraddizioni

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

La legge di stabilità 2015 (L. 190/2014) è finalmente giunta in porto (G.U. 300 del 29/12/2014), dopo tre letture ed i soliti voti di fiducia. Si tratta nuovamente di un coacervo di norme eterogenee, stipate in un unico articolo di 735 commi.

La manovra di bilancio pesa, nel 2015, 32,5 mld di euro, con risorse recuperate per 26,6 mld a fronte di impieghi previsti per 32,5 mld: si prevedono quindi 5,9 mld di spesa in deficit.

PREVISIONI BIENNIO 2016-2017

Nel biennio 2016-2017 la legge di stabilità in esame (che, come di abitudine, getta uno sguardo su un triennio) prevede impieghi per 46 mld circa per ciascun anno a fronte di risorse da reperire di 46,2 mld, nel 2016, e di 53,5 mld, nel 2017.
Rimane da comprendere come queste previsioni possano “piacere” all’Europa, infatti il giudizio definitivo sulla nostra legge di stabilità è stato rinviato a primavera 2015, magari per veicolare la richiesta di una manovra correttiva, e come l’ottimismo sulle risorse previste per gli impieghi nel 2016 e 2017 possa realizzarsi senza contabilizzare anche gli aumenti delle aliquote IVA nel 2016, 2017 e 2018 (ipotesi deprecabili già previste nelle clausole di salvaguardia) e senza un consistente incremento del nostro PIL specie nel 2016 e 2017 (ipotesi improbabili).

I PROVVEDIMENTI ACCETTABILI

Nella legge in esame non mancano provvedimenti accettabili, ad esempio: diventa strutturale il bonus fiscale di 80 € mensili per chi (lavoratore dipendente) abbia redditi annuali da 8.145 € a 24.000 €, ma non è stata mantenuta la promessa di estendere analogo beneficio ai pensionati, agli incapienti, ai lavoratori autonomi; dal 2015 diventa integralmente deducibile dall’IRAP il costo sostenuto dalle aziende per i lavoratori assunti a tempo indeterminato, mentre per i soggetti IRAP senza dipendenti è previsto un credito d’imposta pari al 10% dell’IRAP dovuta; la proroga fino al 31/12/2015 della detrazione d’imposta per le spese (50%) sostenute per gli interventi di ristrutturazione edilizia e per le spese (65%) di risparmio energetico e per gli interventi antisismici, nonché per le spese (50%) relative all’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore ad A+; il bonus di 80 € mensili (per 3 anni) per i nati dal 1/01/2015 al 31/12/2017 con nucleo familiare con Indicazione della situazione economico-equivalente (Isee) non superiore a 25.000 €/anno; la disapplicazione (fino al 31/12/2017) della penalizzazione (introdotta dalla Fornero) per chi acceda alla pensione anticipata prima dei 62 anni, ma sia in possesso della anzianità contributiva prevista; l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (e per 3 anni) per gli assunti a tempo indeterminato dall’1/01 al 31/12/2015 (ma nel limite di 8.060 €/anno); l’IMU e la TASI non subiranno rincari nel 2015, ma è saltata l’ipotesi di inserire nella legge di stabilità la local-tax unificante; la moratoria di tre anni (2015-2017) per il rimborso della quota capitale dei mutui di famiglie e microimprese; l’aumento delle risorse per la social-card; il 730 e le tasse sulla casa arriveranno “precompilate” a casa dei contribuenti; la detassazione fino al 50% dei redditi derivanti dall’utilizzo delle opere dell’ingegno, ecc., ecc.

NORME INUTILI E CONTROPRODUCENTI

Ma quante sono anche le norme di dubbia utilità, o contraddittorie e francamente negative, oppure controproducenti! Ne cito alcune:

1. la limitazione della quota contributiva della pensione per quei lavoratori che, soggetti al calcolo retributivo della pensione, abbiano continuato a lavorare oltre il 31/12/2011, in modo che il loro trattamento pensionistico complessivo (comprendendo il periodo contributivo finale) non risulti di importo superiore a quello calcolato con le regole pre-Fornero (massimo 40 anni contributivi). La novità dovrà trovare applicazione dal’1/01/2015, anche per i trattamenti già liquidati in precedenza, ma richiederà una specifica Circolare INPS per disciplinare una norma così “bislacca”;
2. l’aumento delle tariffe idriche ed autostradali, delle multe e delle notifiche, nonché dei contributi previdenziali di artigiani, commercianti ed autonomi; l’aumento del regime dei “minimi” per i professionisti e le partite IVA (dal 5 al 15%); l’incremento dall’11 al 17% della tassazione sull’importo maturato dell’accantonamento TFR e dall’11,5 al 20% dell’aliquota sui rendimenti dei Fondi di previdenza complementare, nonché dal 20 al 26% sui redditi di natura finanziaria dei Fondi delle Casse di previdenza private; tassazione del 26% (prima assente) sulle plusvalenze generate dalle polizze vita anche quando sono destinate agli eredi; con effetto dal 2014 gli Enti no-profit vedono scendere la quota esente di dividendi distribuiti dal 95% al 22,26%, ecc. Ma i danni inferti ai Fondi di previdenza ed ai pensionati sarebbero stati certamente maggiori, se nel biennio 2015 e 2016 non fossero già operanti le penalizzazioni (riduzione dell’indicizzazione delle pensioni, contributi di solidarietà, ecc.) introdotte dalla legge di stabilità Letta (L. 147/2013);
3. la possibilità, per i dipendenti del settore privato, dall’1/03/2015 al 30/06/2018, di ottenere mensilmente in busta-paga il TFR maturato, compreso quello eventualmente destinato ad un Fondo di previdenza complementare. Poiché questa “integrazione retributiva” sarebbe soggetta a tassazione ordinaria (più sfavorevole) rispetto alla tassazione separata propria del TFR, l’opzione risulterà vantaggiosa, fiscalmente, solo per i lavoratori con reddito fino a 15.000 €/anno, ma con danno procurato alle Gestioni previdenziali ed alle piccole imprese, che vedono ridursi la possibilità di finanziamenti vantaggiosi attraverso il TFR accantonato in azienda;
4. viene introdotta la “reverse charge” (inversione contabile) nel versamento dell’IVA allo Stato, cioè il fornitore privato nei settori edile, energetico e della grande distribuzione, come nelle forniture alla Pa, emetterà fattura con addebito IVA, tuttavia l’imposta sarà assolta da chi acquista il bene o commissiona il servizio. Tutto ciò si tradurrà, anziché in un deterrente contro l’evasione IVA come ipotizzato dal legislatore, in un incremento strutturale del credito IVA vantato dalle imprese chiamate ad applicare il nuovo meccanismo. Come è dimostrato, lo Stato è inadempiente ed in cronico ritardo nei rimborsi IVA alle imprese, come le Pa sono morose nei confronti del pagamento dei propri debiti. Inoltre, rispetto a questo provvedimento, risulta in contraddizione l’innalzamento della soglia di punibilità (dai 50 mila € attuali ai 150 mila) per omesso pagamento dell’IVA e delle ritenute, come prevista dall’attuazione della delega fiscale;
5. vengono ancora rinviati (con il 2015 è il 6° anno consecutivo) i rinnovi contrattuali del pubblico impiego e la tanto promessa riduzione delle migliaia di Società partecipate dagli enti locali rimane, forse, solo nelle intenzioni dichiarate;
6. la voluntary disclosure sul rientro dei capitali e delle attività finanziarie non denunciati all’estero assomiglia maledettamente ai vecchi e immorali condoni, ma con meccanismi più confusi ed onerosi, questa volta;
7. gli indirizzi di Carlo Cottarelli sulla spending review sono, per ora, accantonati, forse rinviati al 2016 e 2017, mentre i tagli lineari imposti dal Centro agli Enti locali si trasformeranno in nuove tasse locali (come già deliberato in Piemonte ed a Torino), a conferma che in Italia è molto più facile tassare che ridurre la spesa pubblica, ecc.,ecc.
Come risulta evidente, non sono vere le dichiarazioni del Presidente del Consiglio in Conferenza-stampa, secondo cui le tasse per cittadini e famiglie si siano ridotte con il suo Governo (come dimostrato dalla CGIA di Mestre, nel 2015 è previsto un incremento medio della tassazione a famiglia vicino ai 1000 euro, ma peggio sarà nel 2016 e 2017).

LE OMBRE PREVALGONO SULLE LUCI

Più in generale, dopo quasi un anno di Governo Renzi, possiamo dire (come per la legge di stabilità 2015) che le ombre prevalgono sulle luci, infatti:

a) dalle miriadi di disposizioni (come dalle migliaia di annunci e promesse) non si evince una strategia complessiva, capace di sconfiggere recessione e deflazione per far imboccare all’Italia la via della ripresa robusta e duratura e, con essa, dell’occupazione, specie giovanile;
b) anche le riforme istituzionali e costituzionali finora abbozzate (nessuna realizzata compiutamente) sono “semiriforme”, in particolare quella del Senato e delle Province; il disegno di legge di riforma elettorale (nell’attuale testo del cosiddetto “Italicum”) non risolve i problemi di incostituzionalità segnalati dalla Corte a proposito del cosiddetto “Porcellum”; lo stesso Jobs act è pieno di contraddizioni, di rinvii, di “stop and go”, troppo timido per promuovere un mercato del lavoro che sia dinamico, moderno, flessibile e competitivo;
c) anche il semestre di Presidenza europea di Renzi non ha portato risultati concreti, infatti il Piano di investimenti europeo di Jean-Claude Junker, Presidente della Commissione europea, promette 320 mld di euro (da distribuire tra tutti i Paesi europei), ma ne finanzia direttamente solo una ventina: più che un Piano serio, pare un gioco di prestigio;
d) l’unica strategia, o meglio tattica, che si evince dai comportamenti di Renzi è quella elettorale, sia attraverso la minaccia di elezioni anticipate ventilata nei confronti degli avversari interni al suo Partito, ovvero esterni allo stesso Partito ed alla maggioranza di Governo, sia attraverso la furba elargizione di favori, utilizzando risorse pubbliche, alla sua potenziale base elettorale (bonus degli 80 €; bonus bebè; TFR in busta paga, ecc.), nonché attraverso il rinvio di tutte le questioni importanti (alcune impopolari), ma vantaggiose per il Paese (riduzione delle spese per poter ridurre le tasse).

Troppo poco, a mio giudizio, per la gravità e profondità dei problemi italiani, a partire da un grado di evasione e di corruzione spaventosi, che l’Esecutivo Renzi certamente sottovaluta e non si mostra risoluto a combattere.

IL RUOLO DI RENZI E NAPOLITANO

Non credo, pertanto, che sia Matteo Renzi il “nocchiero” capace di condurre l’Italia in porti sicuri: in un mondo globalizzato non sono più spendibili leader politici che siano solo illusionisti ed imbonitori, come sono stati e sono Renzi, non meno di Berlusconi. Siamo oggi di fronte ad un passaggio delicato: l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Mi ha sorpreso, nell’ultimo discorso di fine anno del Presidente Napolitano, l’assoluta mancanza di autocritica di fronte ai molteplici “errori politici” di cui è costellata la sua lunga carriera pubblica ed istituzionale: dal giudizio sull’invasione russa dell’Ungheria (1956) al non aver visto o sentito alcunché della trattativa Stato-mafia negli anni ’90; non aver capito, nè saputo prevenire, marciume e corruzione dilaganti nei Partiti politici e nel sottobosco collegato, nonostante l’osservatorio privilegiato del Ministero dell’Interno, della Presidenza della Camera, del Colle; l’interpretazione disinvolta, irrituale e personale della nostra Carta costituzionale, quasi l’Italia fosse un Regno od una Repubblica presidenziale. Insomma, non una lacrima di pentimento e scuse, solo orgoglio ed autoassoluzione.

Vedremo come Renzi saprà governare la nomina del nuovo Presidente: se l’elezione sarà gestita, come al solito, in modo oscuro all’interno delle lobbies e dei Partiti, e se alla fine ci troveremo di fronte ad un Romano Prodi o ad un Giuliano Amato neo-Presidenti, sarà segno che Matteo Renzi, anch’egli politico di lungo corso, si sarà convertito da “rottamatore dichiarato” a “restauratore effettivo”.
Purtroppo la recente nomina di Tito Boeri, professore bocconiano, alla Presidenza INPS non è di buon prognostico. Non è in discussione, naturalmente, il curriculum scientifico del prof. Boeri, ma la disastrosa esperienza dei “tecnici” Elsa Fornero e Mario Monti avrebbero consigliato una scelta più oculata. Non basta, infatti, la competenza tecnico-teorica in uno specifico settore, magari condita dall’abituale presunzione e arroganza universitarie, qualora manchi consolidata esperienza e competenza direttamente maturate in campo politico-sociale, nonché profonda conoscenza dei meccanismi e delle insidie dei processi politico-legislativi.
Così come le “scelte di moda”, come sono quelle che attengono alla cosiddetta parità di genere (donna, uomo), ovvero al valore da attribuire all’aspetto fisico (bella, brutta, alto, basso) non hanno senso se prescindono da specifiche e qualificate competenze ed esperienze effettivamente maturate e verificate. Siamo seri, una volta tanto, se vogliamo recuperare credibilità internazionale, che non è certo migliorata durante il Governo Renzi.

UN AUSPICIO DI MIGLIORAMENTO

Di fronte alla grave situazione italiana, almeno tre fattori sono oggi favorevoli, tutti esterni all’Italia: 1) lo spread è basso, grazie alla politica della Bce capitanata da Mario Draghi, cosicché il rifinanziamento del nostro debito ha costi minori; 2) il costo alla fonte di petrolio e gas è straordinariamente contenuto, così da ridurre la “bolletta energetica” dell’Italia e favorire la competitività delle nostre aziende; 3) il recente deprezzamento dell’euro favorisce uno dei nostri punti di forza: l’esportazione dei prodotti agro-alimentari, delle manifatture e tecnologie italiani.

Che Dio protegga l’Italia e rinsavisca i nostri governanti, così da non sprecare almeno le opportunità anzidette.

Carlo Sizia
Past President CIMO e componente Comitato direttivo FEDER.S.P.e V.



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