Deluse le speranze di molte lavoratrici di poter utilizzare la cosiddetta “opzione donna” ancora fino a tutto il 2015 per andare in pensione. Vediamo i fatti. Lo scorso 30 novembre è scaduto il termine per l’opportunità di lasciare il lavoro e liquidare la pensione di anzianità con i requisiti ante riforma Fornero, ma con un importo interamente ridotto dal calcolo contributivo. In realtà questa scadenza poteva allungarsi fino al 31 dicembre 2015, data che avrebbe concluso il “regime sperimentale” predisposto dalla riforma Maroni per facilitare il pensionamento delle lavoratrici.
L’anticipo al 30 novembre nasce da un’interpretazione dell’Inps che si comprende perfettamente: infatti i requisiti ante riforma prevedono anche le famose “finestre di uscita” di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome. Quindi, per rispettare le finestre, nel ragionamento dell’ente, occorre che i requisiti richiesti, 57 anni e 35 di contributi, si perfezionino con un anno di anticipo. Così è avvenuto per le lavoratrici autonome, per le quali la facoltà è scaduta lo scorso maggio. È anche vero che la circolare dell’Inps (n. 35/2012) riporta l’esplicita approvazione del ministero del Lavoro. L’INPS in data 4 dicembre comunque, in una nota riservata, la questione dei termini di accesso all’opzione donna è stata sottoposta al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in seguito all’emergere di alcune perplessità.
Dato che le risposte del Ministero non arrivavano, l’INPS ha disposto che le domande pervenute in questo periodo di attesa non vengano respinte, comprese quelle i cui requisiti non si perfezionano secondo la nota precedente che riguardava questa forma di pensione anticipata, ovvero entro la data de 30/11/2014. Queste secondo le motivazioni dell’Inps verranno accantonate tenendo conto della possibilità di proroga al 31/12/2015 o oltre. L’Istituto di Previdenza Sociale ha anche ricordato che non è necessario che la condizione di cessazione del rapporto di lavoro subordinato sussista al momento del perfezionamento dei requisiti anagrafici e contributivi. Inoltre, sempre l’INPS si riserva di dare altre istruzioni più dettagliate nel momento in cui il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali fornisca le risposte richieste.
Il chiarimento non è stato reso pubblico e neppure in rete è possibile trovarne il contenuto. C’è da dire che le lavoratrici interessate speravano nell’annunciato emendamento della Legge di Stabilità, che però non ha trovato spazio per mancanza di copertura. Le pensioni anticipate rispetto alla decorrenza naturale (con l’opzione fino a 7/8 anni) comportano infatti un immediato e maggior impegno di spesa del bilancio della previdenza. E la scelta per il contributivo sembra aver trovato il favore, pur rassegnato, di tante lavoratrici. Nel conto, ha pesato anche la liquidazione anticipata della buonuscita che accompagna il pensionamento delle dipendenti pubbliche.
Comunque in molti abbiamo creduto allo slittamento dei termini, pur comprendendone la difficoltà concreta, e pur continuando a pensare che la situazione lavorativa delle donne sia molto molto complicata anche dalle sentenze della comunità europea per diversità di trattamento che pregiudica anche la consistenza degli assegni dignitosi che significano anche discriminazione. Noi comunque rimaniamo in attesa di novità, novità che è ormai chiaro non arriveranno se non si trovano le coperture economiche.