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Tutto a posto, niente in ordine

E vissero tutti felici e contenti? No, non è così semplicistico il risultato del doppio turno delle primarie pidiessine.  Bersani può certo essere contento di avere superato due prove impegnative per una formazione politica che continua ad essere inficiata dal vizio originario d’essere espressione di un apparato mentalmente leninista e insofferente per tutto ciò che esuli dalle regole del «centralismo democratico». Certo, la dichiarazione di lealtà di Renzi, con la presa d’atto d’avere subito una sconfitta largamente prevedibile, dovrà pur sempre misurarsi con quella forza politica di quattro elettori del Pd su dieci che non lo hanno preferito per il suo viso giovanile e simpatico ma per una alternativa  politica  all’inciucismo, l’ennesima incarna­zione di un trasformismo tipico della sinistra italiana a far data dal 1876. E, a dirla tutta, Bersani non ha davvero più spessore di Agostino Depretis.

Proprio la testimonianza del rigetto di ogni qualsiasi deroga ad un regolamento studiato  su esclusiva misura del segretario  aspirante premier evidenza il persistere di una arretratezza culturale, politica e comportamentale che lascia intatti gli interrogativi sulla capacità del Pd (arricchito dal determinante sostegno dei vendoliani e di altre briciole politiche di scarsa valenza rappresentativa) di proporsi alla guida di un paese che necessita di riforme, riforme, riforme (costituzionali, istituzionali, economiche, politiche, amministrative) e non di cambiamenti riconducibili a piccoli aggiustamenti o a riequilibri tutti interni al conservatorismo di un fronte delle sinistre autoritario, retrivo sino al reazionarismo (come in tema di giustizia e di ordinamento del lavoro), burocratico, abitudinario.

Renzi ha dato una scossa vera all’intero paese, partendo da una prova tutta interna al suo schieramento che, almeno dal 1994, è, e resta, di sinistra-centro, non di centro-sinistra.  In fondo, il sindaco di Firenze propone un centro-sinistra credibile, di tipo europeo, democratico, progressista, capace di dialogare coi ceti mediani della società e di offrire alle tante velleità centriste  che affollano le cronache giornalistiche una prospettiva di innovazione, non di conservazione di rendite di potere determinate dal cabotaggio della politicanza. Quanti si collocano al centro, farebbero bene a meditare  e a dismettere eccessive ambizioni personali. L’area dell’inde­ter­minatezza è troppo folta per attirare consensi dall’oscuro fronte maggioritario dell’astensione nazionale.

 


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