E’ da secoli che la Russia “incombe” sull’Europa. Recita il ruolo dell’orso del Nord che potrebbe piombarci addosso e distruggere la civiltà: gli Unni della steppa, il “flagello di Dio” di ieri e di oggi. Risulta pertanto difficile per gli europei rendersi conto di quanto poco conta il Paese di Putin del nuovo millennio.
Anche a tralasciare il pessimo stato dell’apparato militare, caduto in rovina con la fine dell’URSS e tuttora malconcio, c’è un problema di “peso specifico”,
specialmente per quanto riguarda le modeste dimensioni dell’economia russa. Circa il 70% del suo bilancio dei pagamenti dipende dall’export dei prodotti petroliferi — compreso quel gas che la Russia a un certo momento diceva di non volere più vendere all’Europa a causa della differenza d’opinione sull’Ucraina. Già l’economia non andava bene. C’era perfino chi pensava che l’avventura in Crimea dovesse servire a distrarre la popolazione da altri problemi.
Il timing, si dice, è tutto. Il piani militari russi, come anche il budget nazionale, erano calibrati sugli introiti che dovevano derivare dal petrolio ai 100-105 dollari al barile. Lo si tratta in questo momento a meno di $45. Mettiamoci anche un po’ di sanzioni occidentali, sempre per l’Ucraina, per quanto sono la parte minore del problema. Osserviamo pure che il rublo ha perso il 49% del suo valore in un anno.
Nel 2012 il Prodotto interno lordo russo era di circa 2.029 miliardi di dollari—di pochissimo superiore a quello italiano, $2.013 miliardi. Ora il suo PIL è stimato a $1.100 miliardi. L’economia russa è più piccola di quella messicana e poco più della metà di quella dell’Italia.
Potrebbe il Belpaese permettersi di invadere — sul serio — il Caucaso? Anche cedendo le intoccabili auto blu della Pubblica Amministrazione?