Come tante altre volte, da vent’anni a questa parte, Berlusconi ha sparigliato le carte e, dicendo il contrario di quello che ha detto fino ad ieri, sconfessa le riforme appoggiate e stringe un accordo con la Lega in vista dell’azione politica futura e delle prossime elezioni regionali. Le altre volte, ricorda Giuliano Ferrara sul Foglio, gli è andata bene. Quello che sembrava un azzardo ed era una palese contraddizione si è poi trasformata in vittoria. Succederà anche questa volta? A prima vista sembra impossibile. La situazione di Forza Italia è completamente deteriorata. Il partito è allo sbando. I sondaggi lo danno fra il 13 e il 14 per cento sotto Lega e Cinquestelle, oltre ovviamente al PD. Eppure, eppure c’è ancora uno spiraglio. Anzi qualcosa di più. A far luce su uno scenario che ha dell’inverosimile è ancora una volta il Foglio che pubblica una serie di sondaggi riservati commissionati dal PD. Se si andasse ad elezioni anticipate a primavera nessuna delle riforme messe in cantiere sarebbe operativa e si dovrebbe votare con la legge scaturita dalla sentenza della Corte Costituzionale. Un mostro giuridico, maggioritario al Senato e proporzionale alla Camera. Un mix micidiale che sancirebbe la vittoria del PD seguito da Cinquestelle e Lega. Forza Italia si attesterebbe attorno al 13 per cento prendendo comunque una pattuglia di seggi che sarebbero determinanti per assicurare la maggioranza al PD, ipotizzando che Renzi non voglia mettersi d’accordo con Grillo o con Salvini. A quel punto il patto del Nazareno risorgerebbe e verrebbe sottoscritto alla luce del sole. Con questo scenario diventa comprensibile anche la mossa dell’ex Cav. tesa a stringere, in questa fase, un’alleanza di ferro con la Lega. E’ come quando giocando a scacchi si sacrificano alcuni pezzi per acquisire sul terreno una posizione di vantaggio. Lo stesso sta facendo Berlusconi. Lascia alcune regioni, si fa superare percentualmente dalla Lega ma, su posizioni più radicali, punta a recuperare una parte del suo elettorato che gli è indispensabile per avere la sua pattuglia di deputati. Poi dopo il voto, butta a mare Lega e patto pre-elettorale e, nel superiore interesse del Paese, si dice pronto a fare maggioranza con Renzi.
Il potere come fine e non come mezzo per realizzare una politica. Del resto, sia pure riconoscendolo a posteriori, quello che è successo in questi vent’anni. Niente di più e niente di meno. Se è andata bene fino ad ora perché non dovrebbe continuare ad andare bene? Il ragionamento non fa una grinza. Questa volta però c’è un inghippo. Ed è rappresentato dalla consapevolezza di tanta parte degli attuali parlamentari di non avere nessuna possibilità di tornare in Parlamento. A sinistra, perché Renzi approfitterà del voto per fare piazza pulita di chi non è d’accordo con lui, a destra, perché mancheranno i voti. Difficile pensare che tutta questa gente, il più delle volte in Parlamento solo per grazia ricevuta, voglia andare a casa prima del previsto. Più logico credere che cercheranno di resistere il più a lungo possibile.
Insomma in un caso come nell’altro saranno ancora gli interessi, e non gli ideali, a determinare le scelte e il futuro del Paese.