Problemi con la Russia? Noi italiani certamente non ne abbiamo. Si tratta di un paese cui ci legavano relazioni commerciali particolarmente forti, da cui in buona parte dipendevamo per le forniture di gas e che per decenni era stato un forte riferimento ideologico per circa un terzo della nostra popolazione.
STORIE DIVERSE E PERCEZIONI DIVERSE
Inoltre, benché la sua flotta sia già presente in acque mediterranee, e che tale presenza appaia destinata a crescere nel prossimo futuro, la Russia rimane un paese lontano dall’Italia: già in tempi di guerra fredda faticavamo ad immaginarcela come un pericolo costantemente incombente. Figuriamoci adesso, ad una generazione circa di distanza da quel conflitto mai combattuto!
In un orizzonte più vasto, la Russia appare come la naturale candidata ad un rapporto più stretto con l’Unione europea (Ue), così da sfruttare al meglio la loro complementarità. Si tratterebbe, oltretutto, di un ruolo per cui la Russia rimane l’ultima possibile candidata dopo che la progressiva islamizzazione rischia di fare della Turchia un partner non credibile.
Quanto detto per l’Italia è certamente valido, per buona parte dei paesi dell’Unione, almeno di quelli che Donald Rumsfeld, negli anni di G. W. Bush, accorpava nella “vecchia Europa”.
Il discorso si fa invece molto diverso , allorché si passa alla “nuova Europa”, vale a dire agli Stati rimasti prigionieri dell’Urss per circa un cinquantennio ed a quelli che, come i baltici, erano stati addirittura inseriti nell’Unione Sovietica. Lì i problemi con la Russia sono particolarmente gravi, coinvolgendo sentimenti importanti quali la paura e l’odio. Paura per un possibile ritorno russo, temuto con tale intensità da generare reazioni così negative che potrebbero, nel tempo, trasformare quello che per ora è soltanto un incubo in una “self fullfilling prophecy”.
Odio tanto intenso da motivare, come avviene in Lettonia ed Estonia, leggi che trasformano le minoranze russofone in cittadini di seconda categoria, così da impedire la formazione di una “partito russo” legittimo che potrebbe minacciare l’indipendenza.
EUROPA A GUIDA TEDESCA O AMERICANA?
La Germania ha con la Russia lo stesso tipo di fruttuosi rapporti economici e pericolosa dipendenza energetica che caratterizza l’Italia, ma in più appare indecisa ad assumere quel ruolo di leadership europea cui molti fattori sembrano inesorabilmente destinarla.
Un ruolo che comporta privilegi e vantaggi ma che è nel contempo ricolmo di oneri e di rischi. Primi fra tutti, nel caso in oggetto, quello di riuscire a rendere più razionale il comportamento della “nuova Europa”, agendo in maniera tale da mitigare il suo odio verso la Russia e da porre un freno alle sue esagerate paure.
Ciò detto, è chiaro come una oculata prudenza dovrebbe essere d’obbligo ogni volta che l’Ue tratta con la Russia su temi che almeno una delle parti, se non tutte e due, considerano come particolarmente delicati.
Nel caso dell’Ucraina invece è avvenuto tutto il contrario nonostante che quanto era successo in Georgia alcuni anni fa avrebbe dovuto farci comprendere come la Russia assolutamente non tollerasse intromissioni che considera pericolose per la propria sicurezza nell’area che valuta come il suo “near abroad”.
UCRAINA AL CONFINE TRA WASHINGTON E MOSCA
Perché dunque aver scelto un comportamento tra l’assurdo e il suicida? Da quando sono divenuti la superpotenza per antonomasia, gli Usa tendono a considerare per molti aspetti anche se stessi come un paese europeo. O forse, meglio, tendono a considerare l’Europa come una loro esclusiva riserva di caccia, un pochino come il loro “near abroad”.
Probabilmente non hanno torto, visto che l’unica cosa che potrebbe mettere in forse a breve scadenza il primato americano nel mondo sarebbe proprio la separazione degli Usa dalla Ue, l’unico alleato con cui essi condividono oltre a momentanei interessi anche valori permanenti.
La crisi ucraina non è di conseguenza solo una crisi fra Ue e Russia ma anche, più e prima di questa, una crisi scoppiata per definire con chiarezza ove finisca il “near abroad” russo ed inizi quello americano.
Ogni ipotesi di soluzione rischia così di decadere, o di non essere addirittura presa in considerazione, se non è gradita in partenza a tutti e tre i protagonisti. Oltretutto in questo momento, mentre è nell’interesse dell’ Europa, e forse anche della Russia, chiudere il pericoloso contenzioso quanto prima possibile, l’interesse dell’America sembra invece essere quello di prolungarlo.
Oltre a ricompattare i vecchi legami fra gli Stati europei e gli Usa la tensione ha infatti ridato una ragion d’essere alla Nato, ha affondato definitivamente il progetto del gasdotto Southstream che avrebbe consentito al gas russo di aggirare il ricatto ucraino, ha evidenziato a tutti gli stati europei come la Germania non sia ancora né pronta né disposta a sostituirsi agli Stati Uniti quale leader di riferimento e sta rilanciando quel progetto della cintura di missili anti missile schierati in Europa cui gli americani, pur accantonandolo, non avevano mai completamente rinunciato.
Il permanere del contenzioso infine rende utopica l’ipotesi dell’accordo fra Ue e Russia di cui si è già fatto cenno e che avrebbe permesso la nascita di una entità capace di insidiare nel tempo il primato americano nel mondo, un ruolo che per ora rimane riservato unicamente alla Cina.
Giuseppe Cucchi, Generale, è stato Rappresentante militare permanente presso la Nato e l’Ue e Consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri.