Il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo decreto antiterrorismo. La discussione sul provvedimento – più volte rimandata, anche per valutare a fondo le conseguenze restrittive delle misure sul delicato tema delle libertà personali – ora ha un testo su cui opera. Un decreto necessario per aggiornare le norme in vigore, alla luce degli attentati di Parigi e delle minacce molto concrete anche nel nostro paese.
Al di là delle rassicurazioni (molto timide), siamo ben consapevoli che sul terrorismo il più rilevante prodotto della rinnovata minaccia jihadista sembra essere una nuova competizione tra sigle del radicalismo islamico che fanno leva sull’utilizzo dei foreign fighters nel compiere azioni violente.
Sul tema del pericolo della radicalizzazione, e degli strumenti di policy adeguati al contrasto della minaccia terroristica in Italia, nel decreto sono previste alcune modifiche al codice penale. Sono state introdotte una pena da tre a sei anni di reclusione per chi va a combattere con il jihad nei teatri di guerra o supporta i combattenti organizzando, finanziando e facendo propaganda, anche via web. Misure più severe, fino a 10 anni di carcere, per i lupi solitari che si auto-addestrano all’uso delle armi.
L’evoluzione del jihadismo in Italia ha caratteristiche particolari, poco conosciute all’opinione pubblica, ma alcuni recenti casi chiaramente indicano che il fenomeno del jihadismo autoctono, già da tempo visibile in altri stati europei, è sorto anche in Italia. Il panorama attuale del jihadismo nello stivale risulta estremamente frammentario ed eterogeneo. La maggior parte dei nuovi jihadisti vive nel nord del Paese, in grandi città quali Milano, Genova e Bologna, ma anche in centri assai più piccoli. Alcuni di questi soggetti non sono coinvolti in attività violenta, ma la loro militanza ha un’attività spesso spasmodica su internet. Anche a chi scrive capita molto spesso di essere attenzionata soprattutto su Twitter dai loro proclami, soprattutto rivolti ai doveri della donna islamica evidentemente in contrasto con il mio lavoro sull’occupabilità e la questione femminile.
Sebbene l’intrusione via mail rappresenti una violazione della legge, numerosi aspiranti jihadisti italiani sembrano rimanere tali. Tuttavia, i casi di Jarmoune, el-Abboubi e Delnevo hanno dimostrato che alcuni membri di questa scena informale a volte riescono a compiere il passaggio dalla militanza virtuale a quella nella vita reale, gettando un‘inquietante ombra sul futuro del fenomeno. Comunque, il decreto antiterrorismo prevede che sia istituita una black list dei siti internet che sostengono il terrorismo e sarà possibile oscurarli su disposizione dell’autorità giudiziaria.
Tramontata l’idea di una Procura nazionale antiterrorismo viene istituito un coordinamento centrale presso la Procura nazionale antimafia per le inchieste che riguardano il terrorismo. Il decreto rafforza l’intelligence, favorendo le operazioni sotto copertura ed allargando le garanzie funzionali per gli infiltrati. Nel nostro Paese il terrorismo ha più maschere, poiché si coltiva nel brodo dei conflitti sociali, e noi non ci illudiamo che il fenomeno brigatista sia comunque eliminato. Prova ne è che sono state rafforzate alcune tutele a coloro che si occupano della riforma del lavoro, ma anche qui sono figli di un Dio minore in quanto nel nuovo giro di poltrone, la cosiddetta tutela è stata tolta a coloro che continuano a portare avanti le riforme, e assegnata in aggiunta ad altri.
Strana idea della protezione dello Stato ai suoi servitori, uomini o donne che siano! Le novità introdotte nel decreto vanno nella direzione di colmare alcune delle lacune del sistema precedente, come la possibilità di punire anche il reclutato e non solo il reclutatore. Manca invece un intervento sul fronte della prevenzione, tema sul quale molti altri paesi europei hanno già investito somme importanti. Dobbiamo infatti potenziare il dibattito costruttivo sulle misure di contrasto al terrorismo prima di una situazione di vera emergenza che sta politicizzando la materia in quanto a nessuno sfugge la verità sull’ondata di immigrati non controllata attraverso la via del mediterraneo. E la questione deve necessariamente essere risolta con forze europee,perché il problema non solo è italiano ma anche europeo e internazionale…