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Il “sinodo virtuale” ancora all’opera: il caso Cereti

E’ passato quasi del tutto inosservato un particolare relativo all’incontro della settimana scorsa tra il Papa e il clero di Roma per l’inizio della Quaresima. Il fatto cioè che l’unico ad avere una certa eco sulla stampa che conta sia stato don Giovanni Cereti, docente di ecclesiologia all’Istituto San Bernardino di Venezia nonché teologo da sempre in prima linea per la riammissione alla comunione dei divorziati risposati e dei preti sposati al ministero. Il quale, manco a dirlo, al momento delle domande libere è tornato alla carica chiedendo al Papa se un domani per i sacerdoti sposati dopo aver ottenuto la dispensa vi potrà essere la possibilità di essere riammessi a celebrare la Messa. Qual è il problema? Nessuno, se non fosse che il teologo in questione – che al Corriere ha rivelato che nel corso dell’incontro Papa Francesco avrebbe raccontato di aver celebrato lo scorso 10 febbraio il cinquantesimo di presbiterato di sette preti, di cui cinque sposati (cosa che evidentemente per Cereti testimonia a favore di un possibile cambio di rotta sul tema da parte dell’attuale pontificato, il che ovviamente è tutto da dimostrare) – è lo stesso a cui si rifece il card. Kasper parlando della prassi della chiesa primitiva sui divorziati risposati, nella ormai famosa relazione al Concistoro dell’anno scorso, e rispetto al quale uno studioso del calibro di J. J. Perez Soba, tra i teologi di riferimento di S. Giovanni Paolo II, ebbe a dire sul Foglio del 7 marzo 2014: “ci sorprende il fatto che si continui a citare il libro di Cereti, che non fu per nulla ricevuto dai patrologi a causa delle sue argomentazioni assolutamente forzate. Il grande patrologo Crouzel respinse le tesi di Cereti e definì il libro «un grande bluff». Un bluff che purtroppo viene ora resuscitato e può recare grave danno alla chiesa”. Un particolare, dicevamo, che la dice lunga su quel che bolle in pentola in vista del Sinodo sulla famiglia di ottobre. Soprattutto, un segnale a suo modo inquietante di come, passati ormai quattro mesi dalla conclusione dell’assise straordinaria, e mancandone ancora otto a quello che si terrà nel prossimo autunno, continui ad imperversare ed anzi sia più vivo che mai quel “sinodo virtuale” – ovvero la prosecuzione con altri mezzi del “concilio virtuale” denunciato da Benedetto XVI, cioè il concilio dei mezzi di comunicazione, addirittura più forte di quello reale, che “ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie” – il cui obiettivo è creare ad arte un humus, un clima tale da far percepire le cose in un modo ben preciso, in primis da parte di chi, soprattutto dentro la Chiesa, spinge a favore di una rivisitazione globale della dottrina della Chiesa sulla morale sessuale e famigliare in chiave, ovviamente, aperturista.



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