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Twitter, a tu per tu con Dick Costolo

Lo ha dichiarato apertamente un po’ di tempo fa: «L’esperienza di anni passati a recitare commedie mi ha aiutato molto a migliorare le mie prestazioni da leader». E dall’ultima intervista rilasciata al New York Times sembra che l’approccio etico al lavoro non sia affatto cambiato. Parliamo di Dick Costolo, CEO di Twitter, che vanta un passato da comico professionista prima di diventare, nel 2010, il numero uno del colosso dei cinguettii.

L’INFLUENZA DEL PASSATO DA ATTORE COMICO

In una vivace conversazione con il giornalista Farhad Manjoo, Costolo ha spiegato che l’insegnamento più prezioso che si è portato dietro dall’esperienza da commediante è «senz’altro dare valore all’ascolto, prestare attenzione, essere presenti a sé stessi e agli altri». «Durante i corsi che frequentavo a Second City all’inizio della mia carriera da attore comico – continua -, la prima cosa che ci insegnavano era il concetto dell’“essere in questo momento”. Ed è una delle cose che io cerco di trasmettere ai miei manager». «La nozione del “sì, e…” dell’improvvisazione credo sia importante in qualsiasi circostanza», spiega.

IL VERO POTERE DI TWITTER? LE NOTIZIE

Il CEO, che dice di frequentare i corsi di “CrossFit team” organizzati nella sede di Twitter solo perché «sono così impegnativi dal punto di vista fisico che ti permettono di azzerare la mente» e che ha condensato in quattro lettere – «a lot» – il tempo passato sul microblog più famoso al mondo, il suo, spiega che il valore di Twitter sta tutto nella possibilità che gli utenti hanno di potersi costantemente aggiornare in tempo reale su tutto ciò che accade nel mondo. Il resto è relativo: «Tutti vogliono sapere cosa sta succedendo nel loro mondo ed essere sempre connessi. È questo il servizio principale offerto da Twitter. E chiunque può sfruttarlo, nell’immediato, senza sentirsi in obbligo di dover necessariamente twittare», commenta. Quindi poco importa se il social network registra 288 milioni di utenti attivi al mese, solo pochi in più rispetto al trimestre precedente. Twitter resta, per gli user, una delle fonti principale per informarsi.

ESSERE SU TWITTER NON SIGNIFICA TWITTARE

A proposito dell’uso che gli utenti fanno del social dei 140 caratteri, Costolo chiarisce una volta per tutte il dilemma che ruota attorno all’attività di twitting. «Molta gente mi dice “Oh, ma io non twitto”. E io a questa stessa gente rispondo “Non è necessario che tu lo faccia!”». Questo perché «credo ci sia ancora un grosso equivoco alla base delle motivazioni che dovrebbero spingere la gente a iscriversi a Twitter», spiega. Essere su Twitter, insomma, non significa twittare.

L’EMAIL DAI TONI FORTI PER SENSIBILIZZARE L’AZIENDA SUL PROBLEMA DEGLI ABUSI ONLINE

Passando ad argomenti di stretta attualità, il numero uno di Twitter commenta l’enorme polemica sulla questione che da tempo continua a restare senza soluzione per l’azienda di San Francisco, quella sugli abusi in rete e i troll. Polemica che si è ingigantita ancora di più dopo l’email non troppo politically correct inviata da Costolo ai suoi dipendenti, e poi ripresa da The Verge, in cui il CEO scriveva “We suck at dealing with abuse”. «Di tutte le e-mail che ho mai inviato alla società – spiega –  questa è la prima in cui ho utilizzato un linguaggio così diretto. Certo, i miei genitori non ne vanno fieri ma io ero pienamente convinto di voler dire quello che ho detto e nel modo in cui l’ho detto. Una delle ragioni per cui sono stato così schietto è che volevo dare uno scossone e un segnale forte alla nostra azienda, riguardo questo tema».

MOLESTIE E ABUSI SUL SOCIAL DEI 140 CARATTERI

La piattaforma, infatti, è stata più volte accusata di non avere gli strumenti per contrastare gli abusi online. Negli ultimi sei mesi, come spiega lo stesso microblog, le segnalazioni sono aumentate di cinque volte e nello stesso periodo è stato triplicato il numero di dipendenti che gestisce questi report. Ma dopo il messaggio di Costolo, qualcosa inizia a muoversi. Oltre agli aggiornamenti già apportati in tema, gli utenti potranno segnalare il cosiddetto “doxing, la condivisione di informazioni private e confidenziali, contenuti con intenti autolesionisti o la creazione di account con lo scopo di fingersi altri utenti. Non solo. Gli iscritti che riceveranno dei blocchi temporanei da altri, dovranno fornire una mail verificata o un numero di telefono per poter tornare sul microblog con quell’account.

«Molta gente pensa che non abbiamo preso sul serio questa tematica perché la molestia non comporta un danno fisico,  ma non è affatto vero. Abbiamo tracciato una linea netta su cosa è una molestia e cosa è un abuso» spiega Costolo. «Quello che non abbiamo ancora fatto è quantificare i diversi livelli di molestia. Le sfumature sono tante – conclude -, cercheremo di approntare una policy che sia quanto più aderente possibile alle normative».



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