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Cosa c’è (e cosa manca) nella relazione dei Servizi segreti sul 2014

Tutto è perfettibile ed una prima lettura non può essere approfondita, ma, a tre direttori del Dis di distanza, fa veramente piacere leggere una relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza che è agile, largamente godibile e molto trasparente là dove è opportuno e possibile. Certo, ci sono ancora delle paroline in burocratese qua e là, tranquillamente trasformabili in sinonimi senza perdere niente della serietà istituzionale, ma il percorso compiuto è tanto e, come si dice per un più sottile articolo femminile, “si vede, si sente, si tocca”. Anche la scelta dei formati elettronici e del QR code è evidente che non rispondono ad una moda effimera e “moderneggiante”, ma ad un preciso e saldo impianto comunicativo.

Il passo cruciale successivo è un’edizione in inglese. Può essere un’edizione più compatta oppure un estratto ben congegnato pensando ai parlamenti ed ai governi internazionali oppure integrale, ma è un passaggio ineludibile e non è vacua anglofilia. Il mondo deve ed ha il diritto di sapere qual è la nostra politica informativa, l’Italia ha il diritto/dovere di non essere afasica in sede internazionale. Non bastano le comunicazioni nelle ovattate stanze, parte della House of Cards è fatta dalla vasta comunicazione con questi documenti. Immaginiamo che nel mondo ci sia tranquillamente un bacino di 100mila lettori molto interessati al tema e che la versione italiana, dopo aver superato i polit-buro-prud-bizantinismi nostrani, possa tranquillamente essere diffusa “urbi et orbi” senza temere grosse conseguenze diplomatiche.

Si parva licet, il CeMiSS e Nomisma con i loro rispettivi rapporti Global Outlook e Nomos & Khaos hanno già aperto la via ed è importante che sempre più pubblicazioni istituzionali rafforzino la voce della nazione nel mondo, oltre che nella cruciale arena europea.

L’altro aspetto, meno essenziale, ma assai utile per costruire una cultura della sicurezza condivisa dove lo Stato diffonde uno standard importante, risiede nell’articolazione dell’executive summary. In futuro non può che essere un condensato in una-due pagine del succo dell’opera per un decisore politico parlamentare. Qui è ancora una sorta di indice commentato che serve soprattutto ad orientare il lettore nella lettura dei diversi capitoli.

Uno dei più importanti è la premessa che ha un distinto sapore di enunciazione dei rapporti corretti fra politica ed intelligence nei differenti aspetti. Lasciata sullo sfondo la stagione difficile della Guerra Fredda e della funzionalità dei servizi d’allora al mantenimento de facto di assetti poco discutibili in un mondo bipolare, spicca invece la spinta ad “avvisare, predire, prevenire” che è così intimamente legata al “gouverner c’est prevoir”. Non è un caso che questo nuovo atteggiamento abbia generato aspettative crescenti nei decisori politici, ma è molto importante che la classe dirigente di un Paese sappia essere all’altezza delle necessità dei tempi e delle risposte agli strumenti di percezione dell’intelligence.

Decisori istituzionali latitanti, dirigenti politici incompetenti indecisi e manipolabili, imprenditori che depredano la ricchezza nazionale non hanno bisogno di organismi che ricordino le loro responsabilità, ma che invece confortino il loro immobilismo. Lo scenario migliore è invece quello di una rivoluzione silenziosa in cui orizzontalmente ed in Rete il meglio dello Stato sappia indicare ai privati una via smarrita e viralmente diffondere etiche e pratiche in grado di restituire vitalità a tutto il Paese.



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