Come stanno i conti della Rizzoli? La vendita della controllata Rcs Libri da parte del gruppo editoriale guidato dall’ad, Pietro Scott Jovane, a Mondadori è un buon affare? E come si sta comportando il management nel complesso?
Per avere risposte a questi interrogativi, non basta consultare i report degli analisti – ammesso che ce ne siano sul tema e, soprattutto, siano comprensibili ai più – ma occorre leggere il quotidiano la Repubblica, concorrente del Corriere della Sera diretto da Ferruccio de Bortoli.
E le risposte arrivano peraltro da un addetto ai lavori, nonché pure concorrente di Rcs Mediagroup sul versante della pubblicità e dell’editoria, ovvero il patron di Cairo Communications, Urbano Cairo, che ha circa il 3% del capitale di Rcs. Dunque il parere di Cairo, oltre che interessato, è pure interessante giornalisticamente, e non solo, visto che le posizioni di Cairo sono sovente collimanti con quelle di un altro azionista Rcs, sbuffante, ovvero Diego Della Valle, che è pure nel cda di Rcs.
Ecco la summa del Cairo-pensiero su Rcs. Un pensiero che indurrebbe gli azionisti potenziali di Rcs a stare alla larga dal titolo, ma il patron di Cairo Communication, del Torino e del gruppo editoriale da lui fondato.
Che cosa pensa Cairo della vendita di Rcs Libri, su cui Mondadori ha avanzato un’offerta?
“Molto negativamente – ha risposto alla domanda del giornalista di Repubblica, Giovanni Pons – perché si vendono i gioielli del gruppo per coprire le perdite operative dell’azienda e non per ridurre i debiti. La casa editrice si vuole privare di un business che offre fatturati stabili e anche margini di guadagno costanti nel tempo a un prezzo certamente non esaltante. D’altronde, basta guardare la reazione della Borsa per capire chi sta facendo l’affare. Il titolo Mondadori è salito quasi dell’8%, quello Rcs poco più del 2%. È una reazione che dovrebbe far riflettere”.
Perché dice che i soldi incassati servono per coprire le perdite?, chiede Pons.
Risposta di Cairo: “Basta fare due conti partendo dai numeri dei bilanci pubblicati. A fine 2011 Rcs aveva 938 milioni di debiti finanziari netti e da quel momento ha incassato 396 milioni sotto forma di aumento di capitale, realizzato dismissioni per altri 397 milioni e ha convertito le azioni di risparmio con un introito di altri 49 milioni”.
Risultato, secondo Cairo: “Il debito netto sarebbe dovuto scendere ben sotto i 100 milioni. Ma nel frattempo le perdite di cassa sono ammontate a circa 288 milioni e sono stati fatti investimenti per altri 116 milioni e 15 sono stati spesi in acquisizioni. Così l’indebitamento a settembre 2014 era ancora pari a 515 milioni”.
Altra domanda di Pons: Dunque se ho ben capito le difficoltà dell’azienda non sono da ricondurre solo allo sciagurato investimento in Recoletos del 2007 ma anche alla gestione ordinaria. È così?
Risposta di Cairo: “Se la gestione corrente fosse stata risanata, oggi grazie all’aumento di capitale e alle dismissioni la società avrebbe ormai digerito quell’acquisizione certamente non azzeccata. Invece la Rcs negli ultimi tre anni ha continuato a bruciare cassa e le dismissioni sono servite a coprire le perdite in una sorta di avvitamento di cui non si conosce il punto di caduta”.
Dice poi il giornalista di Repubblica: Lei aveva già criticato le vendita degli immobili di via Solferino e via San Marco.
Spiega Cairo: “Si sono venduti immobili in un momento sfavorevole di mercato, dunque incassando prezzi non all’altezza, per andare a pagare affitti alti che superano di gran lunga gli oneri finanziari risparmiati. Se abbatto i debiti di 120 e spendo circa 6 milioni in meno di interessi ma poi vado a pagare 9 milioni di affitti non ho certo fatto un grande affare”.
Domanda finale di Pons: Dunque secondo lei questo cda e questo management non sono da riconfermare?
Risposta dell’azionista Rcs: “Mi sembra che i risultati di questo triennio siano largamente insoddisfacenti e quindi richiedano un cambio di rotta”.