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Perché le Invasioni Barbariche di Daria Bignardi non invadono più la tv

Arriva la primavera, e con essa il tempo delle grandi pulizie. Si toglie la polvere, si cambia l’aria. E a La7 devono aver ben approfittato del mood per cambiare, oltre l’aria, anche il palinsesto: le Invasioni Barbariche di Daria Bignardi, in onda in prime time il mercoledì, chiudono in anticipo e completano l’undicesimo ciclo del programma. La puntata di mercoledì 25 marzo è stata infatti l’ultima della stagione.

L’intervista a Dario Fo, il teatrino Zilli – Matano, le confessioni di Zingaretti, e, soprattutto, la storia di Mirco e Patrick (genitori omosessuali grazie all’aiuto di una “mamma surrogato”), sono riusciti a dare un ultimo colpo di coda, arrivando ad uno share del 2,93%. Pochino, certo, ma nelle settimane precedenti era andata anche peggio: gli ascolti, per tutta la durata del programma, non sono mai andati oltre il 3% di share – e sono arrivati, anzi, a toccare la soglia del 2%, con una media di 660 mila spettatori.

Ma se quello degli ascolti deludenti sembrerebbe essere il motivo più plausibile di chiusura anticipata, puntuali sono arrivate le smentite: “Erano previste dieci puntate, come da contratto con Endemol”, ha spiegato l’editore, Urbano Cairo, “poi potevano essere anche undici, ma il programma ha fatto la sua stagione”. Dello share, anzi, è apparso quasi soddisfatto: “È un risultato che tutto sommato va bene. Le ‘Invasioni’ hanno fatto anche meglio ma soprattutto il venerdì sera. Il mercoledì rappresenta una collocazione più complicata, dunque il 3% ci può stare”. A ben vedere, in effetti, la scelta del giorno per la messa in onda non è stata molto fortunata: a competere con la Bignardi sulla Rai, oltre al sempreverde Chi l’ha visto, anche la nuova stagione del talent The Voice of Italy. Al netto delle ospitate politiche, insomma, il target utile è stato sempre catturato altrove.

Ultimo ma non ultimo, però, ci sarebbe un terzo – verosimile – tallone d’Achille. 3 ore e mezza (questa la durata media della trasmissione), per un format simile, sono troppe, secondo molti addetti ai lavori. Si è cercato di coprire lo spazio invitando tanti ospiti, ma la scelta si è rivelata un’arma a doppio taglio: interviste più superficiali che in passato, con tempi diluiti e poco mordente. La stessa Bignardi, il 9 marzo, in un’intervista a Porta a Porta, aveva espresso sofferenza: “Faccio un programma troppo lungo con tante interviste. Io stessa faccio troppa fatica, sia a prepararmi come vorrei sia a dare tutto quello che vorrei dare”.

La verità è che, di barbarico, il programma non aveva più molto. Daria Bignardi è sempre stata una di quelle giornaliste che si ama, oppure si odia: con uno stile ficcante, a tratti antipatico, è diventata famosa per essere sicuramente altro, rispetto a molte sue colleghe. Eppure in quest’ultima stagione, complici i tempi lenti e gli ospiti non sempre nelle sue corde, è apparsa senza smalto, quasi troppo bon ton. Sulla sua pagina Facebook si è detta divertita e compiaciuta dell’interesse generale riscontrato, ha parlato di realtà noiosa e irrilevante, e ha svelato l’arcano: “La Rete ha sempre pensato a dieci puntate, il produttore inizialmente ne preferiva dodici”. Ha però poi aggiunto: “Per me, con questo formato, sei sarebbero più efficaci, ma mi adatto alle esigenze produttive ed editoriali”.

Che il nocciolo della questione sia proprio un format sbagliato? Probabile. Gli scenari cambiano, i tempi anche, e c’è bisogno di uno sveltimento del talk di qualità, che rischia altrimenti di trasformarsi in un salotto naif. Ecco perché la conclusione anticipata di questa stagione delle Invasioni Barbariche sembra essere il segnale di una sua chiusura definitiva – nell’attesa di trasformarsi, magari, in qualcos’altro.

L’impressione, certo, è che ci stiano lavorando: quanto al prossimo anno, Cairo è stato fin troppo diplomatico: “Abbiamo tutto il tempo per pensarci”, ha concluso, “ci ragioneremo con tranquillità insieme alla Bignardi”.


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