Il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis ha proposto un nuovo piano di investimenti europeo, che si aggiunge, tra i vari schemi avviati, promessi o inattuati, al cosiddetto Piano Juncker e al più concreto Quantitative Easing (QE).
Il piano avviato dalla Banca centrale europea (Bce) per l’acquisto di titoli di stato europei è l’unico finora di dimensioni adeguate – oltre 1000 miliardi di euro – ad affrontare il problema di “rilanciare la crescita”.
Il Piano Varoufakis rappresenta una forma alternativa di Quantitative Easing: la Banca europea degli investimenti chiederebbe ai governi di guidare un programma per la ripresa, finanziato al 100% mediante obbligazioni dalla stessa Bei acquistate dalla Bce sul mercato secondario.
Varoufakis lo chiamerebbe volentieri, se la Germania vi aderisse e ne permettesse il lancio, “Piano Merkel”. Proposta, vista la provenienza, amaramente canzonatoria e ironica.
I LIMITI DEL PIANO JUNCKER E DEL QE
Il suggerimento di Varoufakis mette in luce i limiti evidenti del Piano Juncker e il fatto che col QE la liquidità immessa nel sistema dalla Bce non si tramuta di per sé in investimenti. Nonché, com’è evidente, che i debiti si rimborsano meglio in una cornice di crescita che non di diffusa anemia e stagnazione.
Mentre si grida al portento se, dopo avere perso negli ultimi sette anni numerosi punti percentuali di Pil, si torna a ritmi di crescita di qualche decimale di punti base all’anno.
Ma l’idea che possa essere la Banca europea per gli investimenti (Bei) a propugnare piani di investimenti dei propri Stati membri, e non questi ultimi – potendo – a effettuarli, trascura tutta una serie di vincoli e di fattori.
In primo luogo, la Bei non ha mai avuto problemi di provvista. Le sue obbligazioni, classificate AAA da tutte le agenzie di rating, godono di un mercato ampio e pronto ad assorbirle nella misura sinora normale, compresa tra 50 e 70/80 miliardi di euro per esercizio.
E mai la Bei, malgrado recenti e reiterati aumenti di capitale, ha accordato prestiti per più di 70/80 miliardi di euro l’anno, erogandone al massimo 60, per limiti tecnici e statutari.
Limiti che non vennero certo imposti negli Anni Cinquanta del Novecento per motivi di austerità, che allora nessuno propugnava, tanto meno la Germania; ma piuttosto per assicurarsi che la Banca operasse con i criteri prudenziali propri del credito.
Oliviero Pesce è stato funzionario della Word Bank, direttore centrale del Crediop e amministratore delegato di banche italiane all’estero.