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Unicredit, Intesa, Mps. Così le banche contestano la nuova Basilea

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, pubblichiamo l’articolo di Francesco Ninfole uscito sul quotidiano Milano Finanza.

Un “significativo aumento dei requisiti di capitale”. È questo l’effetto della riforma delle regole di Basilea, secondo le associazioni bancarie italiane Abi e Federcasse e l’europea Ebf (European banking federation). Il Comitato di Basilea, l’organo che definisce gli standard internazionali della regolamentazione bancaria, ha proposto modifiche al modello standardizzato per il rischio di credito, cambiando le ponderazioni sulle esposizioni delle banche verso altri intermediari e verso imprese, famiglie e privati.

I FINI DEL COMITATO DI BASILEA E LA POSIZIONE DELL’ABI

L’obiettivo era quello di migliorare la sensibilità ai rischi delle banche e di calibrare in modo più omogeneo i requisiti. Ma secondo le banche questo proposito non è stato raggiunto; al contrario, è stato peggiorato il sistema di regole esistente. “Sebbene il nuovo testo chiarisca di non voler aumentare i requisiti di capitale complessivi, i valori dei parametri e dei fattori proposti indicano in modo evidente un significativo aumento del capitale”, ha scritto l’Abi nel position paper inviato ai regolatori di Basilea. Le stesse parole sono state utilizzate anche nei documenti presentati da Federcasse e da Ebf. In alcuni casi, “le ponderazioni del rischio definite per specifici asset sono più alte di quelle applicate per gli stessi asset considerati in default”, ha aggiunto l’Abi.

LE CONTESTAZIONI DELL’ASSOCIAZIONE PRESIEDUTA DA PATUELLI

Attraverso le ponderazioni si definiscono i cosiddetti Risk weighted asset (Rwa) che sono il denominatore nei rapporti di capitale utilizzati dalla regolamentazione internazionale (come per esempio il Common equity tier 1). Basilea definisce il peso dei rischi di una banca e di conseguenza i requisiti patrimoniali a fronte di quelle esposizioni. Per esempio, secondo l’Abi sono punitive le ponderazioni per le esposizioni verso le imprese: quelle verso aziende con rating alto (AA o maggiore) triplicheranno dal 20 al 60%, mentre quelle verso imprese piccole e senza rating saranno comprese tra il 100 e il 130%. “Così aumenteranno decisamente i requisiti di capitale2, ha concluso l’Abi. Il rischio della stretta patrimoniale, come sempre in tempi ancora difficili per l’economia, è quello di avere effetti prociclici nel breve termine, con impatto sui volumi dei prestiti.

TUTTE LE CRITICHE DEI BANCHIERI ITALIANI

L’associazione bancaria contesta anche l’utilizzo del fatturato come fattore per valutare la rischiosità di un’impresa: in Italia le aziende con ricavi tra 5 e 50 milioni hanno tassi di default vicini a quelli delle grandi aziende e “per questa ragione non hanno bisogno di una ponderazione del rischio maggiore”. Così l’Abi ha giudicato controproducente il tentativo del Comitato di Basilea di eliminare i rating esterni con due criteri come i ricavi e la leva finanziaria (per quest’ultima sarebbe difficile indicare un unico valore di riferimento valido per tutti i settori, secondo l’associazione). Abi ha chiesto quindi che “il metodo standard per il corporate sia lasciato immutato o sia ricalibrato in modo lieve”. In questo ambito, in particolare, le banche italiane hanno sottolineato l’esigenza di confermare a livello globale il fattore di ponderazione speciale per le piccole e medie imprese, oggi contenuto nella legislazione Ue (il cosiddetto Sme supporting factor) e di abbassare i requisiti per le esposizioni verso start-up (che dovrebbero essere pesate al 110%). Regole specifiche sono state richieste per la cessione del quinto dello stipendio.

COME SI PENALIZZANO CHI FA MOLTI MUTUI

Simili novità riguardano anche le altre tipologie di prestiti delle banche. Tra questi, hanno un particolare rilievo per l’Italia i mutui. Le novità del Comitato di Basilea “penalizzano fortemente lo sviluppo dei mercati europei dei mutui e immobiliari”, ha osservato l’Abi. Come riportato da MF-Milano Finanza il 13 marzo, con le nuove regole sarebbero colpiti i finanziamenti per l’acquisto della casa con un rapporto tra prestito e valore dell’immobile (il cosiddetto loan to value o Ltv) superiore al 50%, che avrebbero ponderazioni più pesanti. Oggi c’è un’unico peso per i prestiti sulle abitazioni, pari al 35%. In futuro si potrebbe passare invece a una ponderazione variabile, secondo una griglia predefinita che va dal 25% al 100%. Le banche sono disposte ad accettare un aggravio, ma per i mutui con loan to value oltre l’80%, quelli cioè più rischiosi secondo i tassi di default degli ultimi anni.

LE CRITICHE DELLE BANCHE COOPERATIVE

Federcasse ha inoltre sottolineato che “la calibrazione complessiva di certi requisiti, come quelli corporate, retail e sui mutui, saranno probabilmente più gravosi per le piccole banche”, più esposte sui prestiti alle piccole imprese e alle famiglie. “L’effetto combinato delle misure può amplificare le restrizioni sui finanziamenti” e “rivelarsi prociclico”. Federcasse, così come Abi e Ebf, ha chiesto perciò ai regolatori di fare particolare attenzione all’analisi di impatto delle norme, soprattutto considerando il contesto regolamentare complessivo (Abi e Federcasse per esempio hanno evidenziato l’impatto delle nuove regole Eba che potrebbero far raddoppiare i crediti scaduti, come riportato da MF-Milano Finanza del 17 febbraio).

Le modifiche proposte riguarderanno direttamente gli istituti che utilizzano il modello standard di Basilea, ma avranno conseguenze anche per quelle che impiegano modelli interni (che avranno come base l’approccio standard). Di conseguenza, secondo l’Abi, ci sarà «un impatto rilevante» anche per i portafogli valutati internamente dalle banche. Ora il Comitato presieduto da Stefan Ingves valuterà i commenti ricevuti e poi approverà la normativa definitiva, che dovrà poi essere introdotta a livello europeo e nazionale.

@fninfole

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