Ho più volte insistito sul tema del necessario ripensamento della politica. Ho scritto di una “politica dimenticata” e ora vorrei concentrare la mia attenzione sul tempo della politica; esso, io credo, non può che essere il tempo della realtà. Tutti invocano la volontà di risolvere i “problemi concreti” e si tratta di una volontà condivisibile: in molti, però, si agitano sui piccoli trofei, anche importanti, che riguardano le tecnicalità della democrazia ma non si vedono in giro visionari (alla De Gasperi, per intendercii) che sappiano dare il tempo della realtà all’azione di governo. Cosa ci siamo persi ?
Abbiamo smarrito, anzitutto, l’idea del tempo della politica come contesto esperienziale. O la politica si riappropria del proprio senso o è destinata, come accade, a dimenticarsi di sé per diventare strumento di altri poteri che hanno proprie finalità (legittime) ma diverse dalla costruzione dell’interesse collettivo, pubblico. In questo, ciascuno di noi ha la responsabilità (diritto/dovere) di “chiamarsi dentro”; ogni persona umana, per dirsi tale, deve ridiventare “soggetto di una politica progettuale” e non restare “soggetta ad una politica dimenticata”. E il contesto esperienziale, sopra richiamato, fa del tempo della politica il tempo della “decisione meditata”, eliminando alla radice gli effetti pericolosi di una velocità senza riflessione così come di una conservazione che non sa, molto spesso per convenienza, guardare oltre l’esistente.
In secondo luogo, abbiamo smarrito il legame fondamentale fra decisione politica e cambiamenti sociali. Scrivevo prima dell’importanza di una strategia della “decisione meditata”; la politica, infatti, non può sottrarre dal suo orizzonte di senso alcun elemento della realtà, pena, come accade, l’impossibilità della comprensione della realtà stessa. La politica, o meglio l’arte del governare, per decidere deve prendere atto che tutti gli elementi della realtà sono integrati per natura e che vanno continuamente re-integrati per ricrearli. Pur dovendo decidere, perché la democrazia muore nella ricerca di una unanimità impossibile, la politica non può fare a meno della consapevolezza della complessità del reale; è tale consapevolezza che manca oggi, quasi che coloro che sono delegati all’azione di governo possano limitarsi a frequentare la superficie dei problemi e possano evitare di affrontare questioni “impopolari” che, inevitabilmente, diventano armi in mano a movimenti e partiti di forte caratterizzazione populista.
Possiamo dire che, contemporaneamente, è venuto il tempo di un recupero della politica, in termini di dignità – senso – significato, e che occorre restituire alla decisione politica i tempi della realtà, reintegrando i tempi dell’azione di governo in quelli, esperienziali (e non solo competitivi), del mondo-della-vita.