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Triton, Poseidon e un mare nostrum di parole in Europa

Il premier Matteo Renzi a margine del Consiglio europeo straordinario sull’Immigrazione che si è tenuto la scorsa settimana a Bruxelles ha dichiarato che è stato “un vertice significativo, un grande passo avanti per l’Europa”. Ma concretamente quali sono i risultati raggiunti? L’unica risposta certa e rapida (anche se parliamo sempre di settimane) che ha dato l’Europa è quantificabile con un aumento di risorse (triplicate) per le operazioni Triton e Poseidon. Alcuni Paesi hanno offerto mezzi, ma il premier inglese David Cameron si è affrettato a precisare che sarebbe opportuno portare “le persone salvate nel Paese sicuro più vicino, probabilmente in Italia”, escludendo quindi la possibilità di dare asilo nel Regno Unito.

Sulla stessa linea di Cameron la maggioranza degli Stati; in sostanza sono tutti dispiaciuti e solidali con l’Italia, ma non c’è grande disponibilità ad accogliere i profughi. Rimangono dubbi e perplessità, e non è stata presa nessuna decisione su come fermare il traffico di esseri umani.

La soluzione ipotizzata di distruggere i barconi prima del loro possibile utilizzo, non è di facile attuazione e il ministro degli Esteri Libico Muhammed El-Ghirani, ha fatto prontamente sapere che la Libia “non accetterebbe mai che l’Ue bombardi presunte basi di trafficanti”. Se ne sta occupando Lady Pesc, ha detto Mogherini in una intervista a Repubblica.

Da anni i leader europei partecipano a vertici, conferenze euroafricane, approvano dichiarazioni congiunte e valanghe di documenti cartacei, ma in realtà sul tema immigrazione a Bruxelles l’egoismo regna sovrano. Tutto questo tradotto in termini geografici significa che Paesi come Italia, Malta, Spagna e Grecia sperano in una soluzione europea, mentre invece quelli più lontani dal Mediterraneo girano intorno al problema, inclusa la presidenza di turno dell’UE che è esercitata in questo momento dalla Lettonia (non a caso il vertice straordinario di ieri è stato chiesto dall’Italia e non dalla Lettonia).

Esattamente 10 anni fa, nel 2005, il Consiglio europeo raccomandava agli Stati ”un’approccio globale in materia di migrazione”, e nel 2008 ”ribadiva la necessità di far fronte ai bisogni connessi alle politiche di immigrazione e di asilo e all’attuazione dell’approccio globale in materia di migrazione con risorse adeguate”.

Consiglio dopo Consiglio è arrivata la tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013, con successivo Consiglio europeo del 25 ottobre dove ancora una volta nelle conclusioni del vertice si leggeva che “il Consiglio europeo esprime profonda tristezza per la recente e tragica morte di centinaia di persone nel Mediterraneo che ha sconvolto tutti gli europei. Occorre intraprendere un’azione decisa per prevenire la perdita di vite in mare e per evitare che tali tragedie umane si verifichino nuovamente“ e veniva ribadito che “il Consiglio europeo ritornerà sulle questioni dell’asilo e della migrazione in una prospettiva più ampia e più a lungo termine nel giugno del 2014”.

Ma nonostante tutti questi Consigli europei, la Presidenza italiana della UE (che si è conclusa da pochi mesi), e la carica di Lady PESC ricoperta dall’italiana Federica Mogherini, domenica 19 aprile, un’altra strage si è consumata nel Canale di Sicilia e un altro Consiglio è stato convocato per parlare d’immigrazione.

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